Il grano saraceno è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Belluno
Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Grano saraceno.
Territorio interessato alla produzione
L’area interessata a tale produzione comprende tutti i Comuni della Provincia di Belluno.
Descrizione sintetica del prodotto
Il Grano Saraceno è una dicotiledone appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee, del genere Fagopyrum.
E’ normalmente rappresenta nel gruppo dei cereali minori per le modalità di coltivazione, tipo di prodotto e
destinazione alimentare.
E’ una pianta erbacea annuale di circa 60-120 cm di altezza, stelo erbaceo variamente ramificato di colore
verdastro-rossiccio. Le foglie sono sagittate o cordate-triangolari, alterne e peduncolate. L’infiorescenza è un
racemo costituito da fiori ermafroditi di colore bianco o rosa, che danno origine ad un frutto denominato
achenio. L’achenio è tipicamente trigono di colore bruno argenteo o grigiastro. Il peso di 1000 semi è
compreso tra 20 e 30 grammi. Presenta un ciclo vegetativo di soli 60-90 giorni, dunque molto precoce e
interessante anche come coltura intercalare.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Tecniche di coltivazione: è una pianta molto sensibile alle condizioni climatiche, specialmente al momento
della fioritura. Il periodo migliore di semina va dal 15 giugno al 15 luglio, in modo che arrivi a maturazione
prima delle gelate autunnali. Si adatta molto bene dunque a coltivazioni in secondo raccolto, dopo frumento,
farro o orzo.
Non esiste seme di agro-ecotipi locali per cui vengono utilizzate varietà presenti sul mercato e che
generalmente, vengono poi riprodotte in azienda.
Considerato l’apparato radicale ridotto, abbisogna di una buona preparazione del terreno. La semina deve
garantire circa 200-300 semi germinabili per metro quadrato, pari a circa 50-70 kg di seme per ettaro. La
semina può essere effettuata a spaglio o ancor meglio con le tradizionali seminatrici da frumento a file,
predisponendo una distanza tra le file di 15-20 cm. Non sono previsti e necessari in genere, ne concimazioni
ne trattamenti erbicidi. La maturazione nella maggiori parte delle varietà è scalare, il che può rendere
problematica questa operazione. La raccolta può essere effettuata a mano, falciando le piante e creando dei
mazzi, che devono essere essiccati in campo e poi trebbiati (battuti) nell’aia per estrarne gli acheni. Nei
sistemi attuali è generalmente utilizzata la mietitrebbia, opportunamente regolata. Le produzioni raggiungono
rese di circa 15 quintali di acheni secchi ad ettaro.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del prodotto Il grano saraceno trova impiego nell’alimentazione umana come farina, normalmente in miscela con farina di
mais, di frumento o di farro, per la produzione di paste ripiene particolarmente tradizionali nel bellunese,
nonché impasti per dolci, torte e per la tipica polenta.
Il grano saraceno essiccato, viene sottoposto al molino a una o più puliture e calibrazioni prima della rottura
con macine a pietra per ottenere la farina. La resa è mediamente pari al 75%. Sono possibili diverse tipologie
di granulometria della farina.
La farina viene conservata in luoghi freschi ed asciutti. Di recente si stanno diffondendo possibilità di utilizzo
del grano saraceno, come prodotto decorticato, da usare come l’orzo decorticato, in minestre e zuppe, o
ancora fioccato. Come cita in Bazzole nel fine ottocento nel bellunese si utilizzava per farne lasagne e
gnocche, o per mescolate alla farina di granoturco per farne polenta, rendendo questa più delicata.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Non sono necessari particolari locali di conservazione, se non che siano freschi, asciutti, ventilati e privi di
presenza di parassiti.
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Sfogliando i testi storici, trattati e censimenti riguardanti dell’Ottocento, la presenza in coltivazione e il
consumo di grano saraceno è abbondantemente documentata. Belluno, Trento, Bolzano e Sondrio,
rappresentano infatti le provincie con importante interesse a questa coltura.
E’ altresì ben documentato che dalla fine dell’ottocento, con l’affermarsi della cerealicoltura rappresentata dal
frumento e dal mais, il grano saraceno è fortemente penalizzato, resistendo in coltura solo nella parte
settentrionale della Provincia. Nel censimento del 1929, il Catasto Agrario riporta ufficialmente la presenza di
tre ettari in coltivazione. Sono comunque state rilevate varie testimonianze orali da parte di anziani agricoltori
del Comune di Belluno e Ponte delle Alpi, che fino agli anni cinquanta del secolo scorso, la coltivazione
ancora presente in particolare nella montagna del Nevegàl.
Da allora la coltivazione è stata completamente trascurata. Solo nel 1995 l’Istituto Agrario “A. Della Lucia”
di Feltre, ha riproposto la coltivazione in piccoli campi e subito dopo l’idea è stata colta dagli agricoltori di
una cooperativa a Cesiomaggiore, coltivando annualmente qualche ettaro. Le prospettive di interesse, sia nel
benefico effetto di coltura miglioratrice della fertilità dei terreni (effetto rinettante dalle colture e apporto di
sostanza organica), sia nell’interesse al consumo, sia nell’interesse della produzione del miele (pianta
nettarifera molto gradita dalle api), fa presagire un buon interesse per il rilancio di questa antica coltura.
A comprova di quanto dichiarato, vedasi vari articoli tecnici che appaiono nelle riviste specializzate di
agraria, in cui riportano l’area bellunese come tra quelle più storiche per la coltivazione in Italia. Come
esempio alleghiamo l’articolo “Il Grano saraceno: una coltura da reintrodurre in Italia” apparso nella
prestigiosa rivista L’Informatore Agrario n° 35 del 1993 in cui viene riportato: … Coltivata fino a pochi anni
fa nelle valli del nord Italia (Valtellina soprattutto), nel bellunese e nel vicentino, attualmente rappresenta
una importante coltura nell’Europa orientale.
Di seguito si citano parti di documento ove si comprova concretamente la presenza di grano saraceno in
provincia di Belluno.
Il Barpo nel 1632 nel suo trattato “le delizie e i frutti dell’Agricoltura e della Villa” in versione trascritta e
ragionata di Gianluigi Secco, a pag. 201, Libro secondo, trattato secondo riporta “Per quanto riguarda gli
altri tuoi beni, si potranno benissimo destinare ad altra coltivazione: chi alle biade da spiga, chi ai beni
minuti, ai canapi, ai lini, alla legna, al fieno (come a suo tempo e luogo te lo andrò ricordando). Il curatore
dell’opera Secco specifica: Col nome di ‘beni minuti’ si intendevano, granaglie come orzo, saraceno, miglio,
sorgo rosso ed i legumi. A pagina 345 riporta ancora “Dopo aver tagliato il grano, e lasciato riposare quindici giorni il campo, potrai dare a quest’ultimo la prima aratura per la seconda semina, rimettendo la segala in quel medesimo anno o
lasciandolo libero per il sorgo, da piantare alla primavera seguente. Alcuni, anche, seminano quasi subito il
sarasino o miglio; e Gianni Secco tra le note specifica: Orig. ‘sarafino’ ovvero saracino (grano saraceno).
(vedi allegato tecnico n° 2)
Nel 1880 Riccardo Volpe Segretario della Camera di Commercio di Belluno in “Terra e Agricoltori”
riferendosi ai cereali a seme farinosi presente in quegli anni nel bellunese, scrive: “soltanto il grano saraceno
ha qualche coltivatore, e se ne confeziona una polenta bianco-nerastra od un pane poco appetitoso …”
Nell’anno 1935 l’Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia, pubblica i dati del “CATASTO
AGRARIO” 1929 – VII del Compartimento del Veneto Provincia di Belluno. Nel documento a pagina 5,
nella tavola V, si rileva puntualmente che in Provincia di Belluno erano censiti n° 3 Ha di Grano Saraceno in
coltura ripetuta (ovvero in coltura intercalare e associata ad altra coltura nello stesso anno ma in periodi
diversi). In una lettura dettagliata dell’intero documento si evince che in quegli anni la maggior parte del
Grano saraceno censito era coltivato nell’area del Cadore.
Il Grano Saraceno è una dicotiledone appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee, del genere Fagopyrum.
E’ normalmente rappresenta nel gruppo dei cereali minori per le modalità di coltivazione, tipo di prodotto e
destinazione alimentare.