Cafe’ – Caffe’ espresso secondo Tradizione Veneta

Il Cafè – Caffè espresso secondo Tradizione Veneta e la grandezza della Serenissima

Categoria
Bevande analcoliche, distillati e liquori

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Cafè – Caffè espresso secondo Tradizione Veneta

Territorio interessato alla produzione
Regione Veneto

Descrizione sintetica del prodotto
Cafè – Caffè espresso secondo Tradizione Veneta
Questa tradizione, simbolo della ritualità sociale, ha origine proprio a Venezia, dove nacquero i primi caffè, più
precisamente nel XVII secolo, quando in Piazza San Marco, sotto le arcate della Procuratie, fu aperta la prima
‘bottega del caffè’. Secondo alcune fonti, il primo veneziano che portò in laguna  Cafè Caffè espresso secondo Tradizione Veneta fu il medico
botanico Prospero Alpini che, dopo un lungo soggiorno in Egitto, fece conoscere ai veneziani questa mitica
miscela, proponendola inizialmente ad uso medicinale e per primo tratta l’argomento nel libro “De plantis
Aegypti liber”. Da qui la necessità di determinare i contorni di una tradizione nata nella Comunità Veneta che le
persone identificano ancora oggi con il termine “Cafè’” nell’interloquire quotidiano delle strade venete.
Il Caffè Espresso o Cafè,nella tradizione della regione Veneto, viene prodotto con polvere di grani di caffè tostato
non troppo scuro. Dopo l’infusione, si presenta come una crema nocciola con superficie setosa. All’assaggio
risulta rotondo, poco amaro e poco acido, ma di buon corpo. Il profumo resta intenso, ma dai tratti delicati, in cui
predominano la frutta secca e i sentori speziati della vaniglia, accompagnati poi dal cacao. Un caffè dolce ed
equilibrato, avulso da picchi di acidità e di aromi speziati e fruttati, frutto della miscelazione a prevalenza Arabica
su Robusta (le due principali varietà di caffè) diversamente da altre regioni Italiane dove è l’inverso (pensiamo
alla Campania per esempio).
È ovvio che la storia del Caffè, nata nel Veneto, si è diffusa nella sua evoluzione culturale e tecnica nel resto del
paese e delle altre Regioni Italiane. Oggi infatti, nel lessico comune, si utilizza l’espressione “Caffè Espresso” per
indicare la bevanda preparata secondo la tecnica nata in Italia e conosciuta in tutto il mondo. Questa bevanda, pur
globalizzata nella sua attuale evoluzione conseguente alla disponibilità della tecnologia, si differenzia nelle
tradizioni regionali, e non solo, come risultato della diversa gestione dei particolari di preparazione.
Il “Caffè Espresso” è la bevanda più consumata e conosciuta in Italia preparata con la polvere di caffè.
Quest’ultima è ottenuta dalla torrefazione e macinazione dei semi della Coffea arabica e Coffea Canephora
comunemente definita robusta, è preparata a macchina secondo un procedimento di percolazione sotto alta
pressione di acqua calda. Normalmente, per ottenere un buon espresso, il macina caffè deve essere dotato di
macina elicoidale centrifuga od essere a lame piatte, le uniche adatte a frantumare i chicchi in fini granuli con
dimensione uniforme; il grado di finezza della macinatura va scelto in base alle caratteristiche della macchina,
della miscela e alle condizioni ambientali di umidità e temperatura” (Fonte Dossier candidatura patrimonio
CTCEIT, INEI).

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Il “Cafè” è una bevanda piacevole e corroborante il cui consumo fa parte di un rito conviviale e sociale praticato
giornalmente più volte dalle famiglie e dai consumatori in Veneto, ma non solo. La parola “Espresso” in italiano
antico indica un prodotto ottenuto, tramite spremitura, o in qualche modo estratto al momento. Per questo motivo,
il significato sta ad indicare un’azione rapida e denota alimenti/bevande appositamente e istantaneamente
preparati Tralasciando la fase di coltivazione del caffè che non interessa territorialmente, la filiera produttiva per
arrivare alla bevanda pronta al consumo Cafè coinvolge diverse attività quali: l’Importazione e la selezione della
materia prima; la torrefazione, che comporta processi elaborati, frutto dello studio e della passione per ottenere le
migliori miscele di caffè; la preparazione e la somministrazione della bevanda nei locali di consumo. Va rilevata
anche l’importanza degli aspetti tecnologici correlati alla fabbricazione delle macchine da caffè espresso e dei
macinadosatori, oggetto di una costante attività di ricerca e miglioramento tecnologico, caratteristica della
tradizione tecnologica prodotta in Italia.
La tostatura (torrefazione) è il processo finale riservato ai chicchi di caffè in grado di trasformare il chicco crudo
(verde), insapore e tanninico, nel chicco tostato. La torrefazione è un processo delicato e complesso, che non
avviene nel Paese di origine poiché, una volta eseguita la tostatura, dopo una prima fase positiva di maturazione
del chicco tostato, inizia un rapido processo di perdita degli aromi e il caffè diventa particolarmente sensibile
all’umidità e all’assorbimento di odori estranei.
Il processo di torrefazione consiste nell’introdurre i chicchi di caffè in una macchina (tostatrice) che porta i
chicchi a una temperatura tra i 200 e i 225 C°, per un tempo compreso tra i 10 e i 20 minuti, a seconda del tipo di
caffè che si vuole trasformare e il risultato che si vuole ottenere. Attraverso la progressiva trasmissione di calore ai
chicchi si vanno a generare oltre 600 sostanze chimiche diverse, soprattutto grazie alle reazioni di Maillard tra i
carboidrati e le proteine. Durante la torrefazione il chicco di caffè subisce una perdita di peso del 16-21%, dovuta
all’evaporazione dell’acqua e di alcune sostanze volatili, l’aumento del volume, la formazione di una colorazione
scura dovuta alla carbonizzazione della cellulosa e alla caramellizzazione degli zuccheri, la comparsa sulla
superficie dei chicchi del cosiddetto caffeone, un olio scuro che determina il caratteristico aroma, e una leggera
perdita di caffeina dovuta al calore. Il caffè tostato è delicato e va conservato con cura, al riparo dall’ossigeno e
dalla luce e possibilmente a bassa temperatura.
Preparazione della bevanda “Cafè”:
1. Il purge (o flussaggio)
Un’operazione fondamentale da effettuare prima di ogni espresso, per garantire massima igiene e pulizia della
bevanda. Si sgancia il portafiltro (questo è il suo vero nome, non braccino) e si eroga acqua per eliminare i residui
del caffè precedente e pulire le doccette della macchina. Questo passaggio va fatto sempre prima di ogni nuovo
espresso.
2. La pulizia del portafiltro
Una volta sganciato il portafiltro, questo va pulito con appositi pennelli o panni, per eliminare i residui di caffè e
tutta la polvere rimasta nel filtro. Una leggenda che da (troppo) tempo viene tramandata fra tanti baristi italiani
narra che il caffè rimasto dall’estrazione precedente conferisca più “gusto” e “aroma” alla bevanda: in realtà, le
uniche caratteristiche che si possono ottenere dal caffè esausto sono sgradevoli, come il sentore di bruciato.
Dunque, non basta sbattere violentemente il portafiltro su un asse per pulirlo, va accuratamente liberato da ogni
residuo a mano, ogni volta. Il primo e il secondo passaggio possono essere invertiti: quello che conta è che
entrambe le operazioni avvengano prima dell’estrazione.
3. La macinatura
Il caffè va macinato sempre al momento: dopo poco tempo dalla macinazione infatti, il prodotto ha già perso circa
il 65% degli aromi. In tanti bar si trova il caffè già macinato, che il barista si limita a prelevare prima
dell’estrazione: questa abitudine comporta una perdita significativa di aromi, gusto e freschezza. Il prodotto deve
essere sempre in grani, situato nelle apposite tramogge (le cosiddette campane), le cui pareti devono essere sempre
trasparenti e perfettamente pulite. Capita, purtroppo troppo spesso, di trovare le campane ricoperte da un alone
tendente al giallo: quella patina è dovuta all’olio superficiale dei chicchi di caffè che, col passare del tempo, ossida
a contatto con l’aria e irrancidisce il tutto.
4. La pressatura
Una volta macinato, il caffè va pressato con l’ausilio di un pressino manuale, unico strumento in grado di garantire
al barista la massima precisione. Tanti baristi si affidano ai pressini forniti in dotazione con i macinatori dalle
aziende (per esempio quelli attaccati al macinacaffè), ma questi sono molto spesso di una conformazione
sbagliata, solitamente più piccoli rispetto al diametro del portafiltro.
5. La pulizia del portafiltro – seconda parte
Si passa poi a pulire nuovamente il portafiltro, questa volta sui bordi, per eliminare la polvere in eccesso. Senza
questo passaggio, la polvere di caffè finita ai lati del portafiltro andrà a bruciarsi durante il processo di estrazione,
portando sentori sgradevoli alla bevanda. Non solo: questa polvere in eccesso rischia anche di rovinare le
guarnizioni presenti all’interno della macchina.
6. La pulizia dei beccucci
Dopo aver pulito i bordi del portafiltro, si passa ai beccucci, le due estremità forate dalle quali fuoriesce la
bevanda. Questi ultimi vanno sempre puliti, proprio come tutti gli altri strumenti impiegati durante il processo.
7. L’estrazione
Si aggancia poi il portafiltro e, finalmente, si estrae la bevanda in un tempo previsto fra i 20 e i 30 secondi
8. Quantità polvere di caffè
La dose del caffè macinato utilizzato per ogni cafè espresso non dovrà essere inferiore a 6,5/7 g.
9. Volume caffè espresso
Il contenuto in tazzina dovrà essere al massimo di 25/30 millilitri a 65° temperatura della tazzina.
10. Profilo organolettico
Il Cafè Espresso secondo la tradizione veneta per essere considerato tale si dovrà presentare con una crema
consistente, di colore nocciola scuro, con delle leggere striature. L’aroma dovrà essere gradevole ed intenso (ad
es. con note floreali e di cioccolato), il gusto pieno gradevolmente amaro e mai astringente.
11. Tazzine
Dovrà essere servito preferibilmente in tazzine di porcellana dura feldspatica con il fondo più stretto rispetto
all’imboccatura e di spessore adeguato per mantenere la temperatura.

Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
ATTREZZATURA
Macchina per la Torrefazione
La macchina per tostare il caffè era una presenza diffusa in molti bar fino a qualche anno fa, poi logistiche di
lavoro, controllo dei costi e autorizzazione sanitarie hanno progressivamente fatto quasi scomparire questo
mondo. Il caffè torrefatto si prepara ormai lontano dagli occhi dei clienti, ma questo non vuol dire che non ci sia
spazio per la ricerca della qualità. Sono due, e completamente diversi, i metodi per ottenere il caffè tostato nelle
torrefazioni. Nelle torrefazioni piccole e medie, dove le aziende sono più attente alla qualità, si usa il sistema a
Tamburo Rotante o discontinuo. Con questo metodo si utilizza un tamburo metallico al cui interno sono presenti
coclee o alette per rivoltare continuamente il prodotto ed uniformarne la tostatura, in cui un bruciatore a gas
convoglia l’aria calda necessaria al processo, per un tempo di circa 12-20 minuti secondo il tipo di caffè, la
capacità della tostatrice ed il gusto del torrefattore. In alcuni casi si preferisce il sistema continuo. Con questo
metodo il caffè verde viene immesso in tubi in cui viene immessa aria rovente; quest’aria tosta il caffè in maniera
molto rapida (3/ 4 minuti) e funziona in maniera continua: da una parte si continua a inserire caffè verde e
dall’altra esce in continuazione il caffè tostato.
Mentre nel secondo sistema il caffè viene tostato molto più esternamente che all’interno, comportando anomalie
gustative e di preparazione, il primo metodo migliora nettamente, uniformando la tostatura, la resa aromatica del
caffè. È un sistema più lento rispetto a quello continuo ma permette di gestire al meglio i tempi di tostatura per
ogni singolo tipo di caffè (infatti la miscelatura si fa dopo la tostatura) e anche, con lo stesso tipo di caffè, per ogni
singola annata o raccolto. Il perfetto punto di tostatura viene rilevato grazie alla comparazione fra il colore del
caffè che si sta tostando e un campione tostato in precedenza.
Macinacaffè
Il macinacaffè così come concepito ai nostri giorni, funziona per mezzo della corrente elettrica e lavora in
modalità automatica o semi-automatica. La parte superiore è costituita fondamentalmente da un grosso cilindro
dove vanno depositati i grani del caffè, una base con all’interno due lame in acciaio piatte, una ghiera per regolare
la granulometria. Un pulsante inferiore per l’accensione. Un supporto dove porre il portafiltro ed al suo interno le
componenti elettroniche ed elettriche.
Macchina da caffè espresso
La macchina da caffè espresso è di per sé uno strumento piuttosto semplice. È realizzata in modo da scaldare
acqua fra i 90° e i 96° e spingerla attraverso un pannello di caffè macinato e pressato con una pressione intorno
alle 9 atmosfere. Se tutte le macchine, più o meno, possono riferirsi a questo concetto, il modo in cui l’acqua
viene scaldata e quello con cui viene creata la pressione può cambiare, anche di molto, da macchina a macchina, e
queste diverse tecnologie possono influire molto sulla qualità e sulla “stabilità della qualità” del nostro caffè
espresso.
Con una macchina da caffè si fanno due cose: si prepara il caffè espresso e si monta il latte. Nel sistema più
antico, quello della caldaia a caduta e gruppo a dissipazione di calore, l’acqua viene prelevata direttamente dalla
caldaia del vapore, quindi intorno ai 95 ° Una volta prelavata, l’acqua scende nel gruppo e, sia nel suo percorso sia
nello scaldare il gruppo stesso, disperde calore raggiungendo i circa 90° necessari all’espresso. È chiaro che
questo non è un modo molto preciso per regolare la temperatura. Se il gruppo è troppo freddo, la temperatura del
caffè sarà tiepida, se il gruppo è surriscaldato, l’espresso sarà sovra estratto, bruciato. Questo sistema è ancora
usato su alcune macchine a leva, e i baristi (anzi, i cultori di questo tipo di macchine) più attenti, sono meticolosi
nel tenere il ritmo giusto di estrazione per avere sempre il gruppo alla giusta temperatura.
Il sistema dello scambiatore di calore è quello della storica Faema E61. Lo scambiatore di calore è
sostanzialmente un tubo all’interno della caldaia che permette la circolazione termosifonica. Nel momento in cui
si inizia a fare un espresso, l’acqua passa attraverso il tubo e si scalda, appunto, per scambio di calore, prima di
raggiugere il caffè. In questo sistema è importante che il gruppo stesso sia alla giusta temperatura e esso viene
scaldato mediante circolazione di acqua calda attraverso il gruppo o fissando il gruppo direttamente alla caldaia.
Le macchine a scambiatore di calore pongono la questione del Flushing, o scarico di una piccola quantità di acqua
alcuni secondi prima di fare l’espresso.
Questa operazione evita che acqua rimasta ferma nello scambiatore per troppo tempo sia ormai a temperatura
troppo elevata e tenda a bruciare il nostro caffè (problema più che assaggiabile soprattutto quando si gustano
arabiche delicate e ricche di sfumature).
Il sistema della caldaia singola senza scambiatore di calore è usato nelle macchine da casa più piccole. Per
preparare l’espresso un termostato viene utilizzata per riscaldare l’acqua a 90 °/ 96 ° C, quando invece serve il
vapore, si accende un altro termostato per riscaldare l’acqua a 125 °. È chiaro che il punto debole è l’attesa, può
essere necessario più di un minuto prima che la caldaia possa passare da una temperatura all’altra.
Le macchine di fascia più alta usano il sistema Dual Boiler. In questo sistema, come dice il nome, ci sono due
caldaie, una per il vapore, a 120° e una per l’espresso, a 90° o poco più.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Requisiti specifici dei locali adibiti a stoccaggio di caffè verde
Il caffè verde viene in generale immagazzinato nei sacchi di trasporto, sacconi, oppure sfuso in sili.
Immagazzinamento in sacchi. I locali adibiti allo stoccaggio di caffè verde in sacchi devono, essere progettati e
costruiti in modo da: consentire la corretta movimentazione dei sacchi • consentire l’agevole accesso al prodotto
immagazzinato per il controllo delle condizioni igieniche o per il campionamento essere dotati di efficaci sistemi
di monitoraggio e lotta contro gli infestanti • essere sottoposti, ove necessario, a periodiche operazioni di
disinfestazione.
Requisiti dei locali di torrefazione del Cafè Caffè espresso secondo Tradizione Veneta
I requisiti specifici applicabili ai locali all’interno dei quali i prodotti alimentari vengono preparati, lavorati o
trasformati (Capitolo II dell’Allegato II del Regolamento CE N. 852/2004).

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo
regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Gli elementi che dimostrano l’effettivo legame di Venezia e del Veneto alla bevanda corrisponde alla narrazione
delle aziende e delle famiglie che hanno fatto la storia della produzione e della torrefazione della nera bevanda, da
Venezia, Padova fino a Belluno.
Invenzione geniale, autentico bene immateriale per l’Umanità straordinaria intuizione che permette di avere una
tazzina fumante a casa come al bar. Venezia è il cuore da dove si propaga la Cultura del Caffè in Italia. A
Venezia, fine ‘600, in piazza San Marco, apre la prima bottega del caffè, proprietà di alcuni commercianti
Ottomani (storia azienda Hausbrandt vedi (https://www.hausbrandt.it/azienda/storia-di-uomini-e-comunicazione/.
Venezia diventa il luogo dove le nascenti caffetterie diventano luogo di riferimento per la politica e l’arte. Lo
stesso Carlo Goldoni dedicò una commedia ad Anton Maria Zanetti, uno dei più ricchi commercianti di Caffè in
laguna, “Il Ricco Insidiato”. Altra opera dello stesso Goldoni “ la Bottega del Caffè” dove si intrecciano storia e
bevanda diventata alla moda. Goldoni scrive l’opera in toscano, diventata ormai la lingua ufficiale italiana, in
modo da farsi comprendere da spettatori di tutta Italia. Questo spiega come mai nella commedia, seppur
ambientata a Venezia, i personaggi non parlino veneziano. Questa opera contribuisce quindi alla conoscenza della
usanza del ritrovo nei caffè oltre il territorio lagunare. A Venezia nascono insegne leggendarie, il primo di tutti (il
Florian, 1720),che si trova ancora oggi sotto i portici delle Procuratie nuove in Piazza San Marco ( foto caffè
Florian).Luogo d’incontro di patrioti italiani come Manin e Pellico, nel tempo passano di qui il Casanova, Berchet,
Lord Byron, Foscolo, Modigliani e quanti altri. Sotto la Torre dell’orologio il Lavena (1750). I veneziani lo
chiamavano il Cafè de Foresti per una tipologia di caffè che veniva servito (con latte e menta). Di qui son passati
Wagner, Verdi, Rubinstein. Tra gli altri il “Caffè Quadri” (1755), uno dei caffè che in quegli anni si affacciavano
su Piazza San Marco. La sua attività iniziò, infatti, nel 1775 quando il mercante veneziano Giorgio Quadri,
rientrato in patria dopo una lunga permanenza a Corfù, all’epoca territorio della Repubblica di Venezia, decise
insieme alla moglie greca Naxina di aprire un locale in cui preparare e vendere il caffè sotto forma di acqua negra
bollente.
Questa consuetudine fu introdotta in città nel 1683 quando alcuni commercianti turchi aprirono una bottega per la
degustazione del caffè in piazza San Marco, sotto i portici delle Procuratie Nuove. La novità incontrò subito il
favore del pubblico, al punto che nel 1775 nella sola piazza San Marco erano presenti ben 24 botteghe del caffè su
un totale cittadino di oltre 200. Sempre in Venezia ricordiamo il LION’S Bar al Lido che apre nel 1925 e il “Caffè
Della Calcina”. In ultimo l’“Harry’s Bar” aperto nel 1931 da Giuseppe Cipriani visitato da illustri personaggi
internazionali tra cui Ernest Hemingway che lo cita nel suo “Oltre il fiume e tra gli alberi”. Un caffè storico non
solo per la qualità del caffè ma anche per l’invenzione del Cocktail Bellini e del Carpaccio ispirato ai colori del
pittore veneziano Carpaccio appunto. Andando a Padova troviamo il famoso “Caffè Pedrocchi”, il caffè senza
porte (perché rimase aperto giorno e notte dall’inaugurazione nel 1831 fino al 1916), con le sue porte sempre
aperte e la sua sala verde, dove venivano accolti i meno abbienti, essere al verde per l’appunto.
Una grande storia fatta di uomini, di macchine per il caffè e di aziende di tostatura, di pionieri e inventori,
artigiani.
Ma soprattutto con i Veneti, noti per la loro propensione al commercio, si distingue e rappresenta la Cultura
caffeicola nel nostro paese. Il 15 febbraio 1954 nasce il Gruppo Triveneto Torrefattori di caffè premiando il lavoro
del Cavalier Raffaele Lionello. La prima sede a Venezia poi trasferita a Trieste. Grazie al Conte Giorgio Caballini
di Sassoferrato, i soci in assemblea (una sessantina) decidono di cambiare nome in GITC – Gruppo Italiano
Torrefattori Caffè modificando lo statuto in senso nazionale.
Grande importanza l’evoluzione della tecnologia per realizzare il famoso caffè espresso.
Da Bezzera (1920), dalla Illetta di Francesco Illy (1935) alle macchine di Achille Gaggia (1940), fino alla mitica
Faema E61, per poi arrivare ad Astoria CMA di Susegana, una delle più grande fabbriche di macchine da caffè
espresso al mondo (1969) con il suo contributo all’evoluzione tecnologica con la possibilità del controllo della
temperatura dell’acqua in caldaia nel modello PLUS 4YOU ed Elektra. Di quest’ultima una storia esemplare. Per
tutti gli anni ’50, il fondatore Florindo Fregnan ha progettato e costruito con grande passione e perizia artigianale
le macchine da caffè espresso con il marchio “La Tarvisium”, un brand che poi evolverà in Elektra. EleKtra ha
inventato una delle prime macchine automatiche al mondo che l’ingegnere e proprietario Florindo Fregnan
chiamava le sue Ferrari. Per questo è stato in Italia molto il Veneto, a dettare regole e legge, con aziende
all’avanguardia e il maggior numero di torrefazioni del mondo, molte proprio a nordest: Bristot (1919) e Carraro
(1927), Vescovi (1927) e Dersut (1947). E poi Diemme (1927) e Hausbrandt, Manuel Caffè e Julius Meinl. Senza
dimenticare il veneziano Caffè del Doge e il veronese Gianni Frasi, il gruppo Alajmo, da Le Calandre al Quadri,
di cui parlavamo precedentemente. E ancora Qaua Italia di Vicenza (con l’eccellente arabica del Casanova) e le
importanti trevigiane Goppion (1948), Bin (1954) e la veronese Pellini.
Altre aziende che hanno fatto la storia del Caffè Espresso in Italia con il contributo al progresso nella tradizione
sono MACAP (1930), Mazzer (1912), che producono macinacaffè e Keber (1979) che produce macine. Aziende
di meccanica di precisione, la prima inventa il dosatore orizzontale (pensate oggi come potrebbe farne senza un
operatore del Bar), la seconda e la terza sono i maggiori produttori e detengono innumerevoli brevetti a favore
della qualità del Caffè Espresso.
Il Caffè Espresso nelle tradizioni regionali
Nella descrizione in calce del caffè secondo la tradizione veneta si rappresentava il profilo organolettico del caffè
che beviamo nei locali veneti. In ogni regione questo profilo è diverso. Intanto le miscele: al nord e anche in
Veneto prevale la varietà arabica alla robusta. Il volume misurabile in tazza è superiore in Veneto rispetto a caffè
del sud Italia con un maggior equilibrio e armonia nel confronto tra amaro e dolcezza, intensità e complessità. Via
via che si scende al sud dove aumenta la quantità di robusta aumenta la quantità di tannino e amaro dovuto anche
ad una tostatura più spinta in tempo e temperatura. La cremosità dell’arabica diventa più blanda e scura rispetto
alla tradizione veneta scendendo lo stivale.

Cafè – Caffè espresso secondo Tradizione Veneta

Questa tradizione, simbolo della ritualità sociale, ha origine proprio a Venezia, dove nacquero i primi caffè, più
precisamente nel XVII secolo, quando in Piazza San Marco, sotto le arcate della Procuratie, fu aperta la prima
‘bottega del caffè’.