Il coessin co lo sgrugno è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Vicenza
Categoria
Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Coessin co lo sgrugno
Territorio interessato alla produzione
La produzione del cotechino con lo sgrugno è tipica del Veneto ed in particolare dei Comuni del Basso
Vicentino e si differenzia da zona a zona.
Descrizione sintetica del prodotto
Pasta da cotechino – Ovvero cotica (coèssa), parti muscolari più dure (orecchie, pezzi di tendini), polpa
nervosa.
Lardo – Viene aggiunto, ma raramente, se necessario: ad occhio si può notare se la carne è troppo magra e
quanto grasso è necessario (la carne troppo secca è più difficile da conservare, oltre che meno gustosa).
Muso del maiale, detto sgrugno – Viene tagliato all’incirca fino agli occhi e può essere lasciato intero oppure
sezionato in due parti per fare due cotechini con il muso. Si tratta di una parte un po’ dura ma particolarmente
gustosa.
Sale grosso.
Ingredienti per la c.d. concia (cónza): cannella macinata, pepe, chiodi di garofano (pochi, circa due per
insaccato)
Aglio tritato o a spicchi: può venire usato ma secondo la maggior parte dei produttori risulta troppo evidente
alla cottura e serve a nascondere i difetti di un insaccato
Budello (Buélo) –Generalmente si tende ad utilizzare un budello di diametro più ristretto della bondiola detto
stòrto o fondìna. I budelli vengono messi a strati sotto sale e, prima dell’uso, rivoltati, lavati più volte con
acqua calda e aceto (bollito con vino bianco e rosmarino) affinché perdano il caratteristico odore, infine
lavati ancora ed asciugati.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
I suini, proprio perché destinati alla confezione di insaccati, vengono ingrassati al meglio e macellati solo
quando superano i 160 chili di peso. Il maiale viene allevato vicino a casa all’aperto nelle aziende agricole
del territorio interessato, molte volte in stato semi-brado (150 m per maiale), ed alimentato con un pastone
tradizionale di farina di mais, soia, orzo (non molto), frumento ed altri cereali, spagna macinata, frutta
(principalmente pomacee), zucche e zucchine patate bollite (non molte perché secondo alcuni l’amido fa male
al maiale e non aiuta ad ingrassarlo, ottenendo così insaccati che non si mantengono) e, soprattutto un tempo,
ghiande crude macinate e castagne lesse. La frutta e la verdura, fornita all’animale generalmente nella
quantità di un 10%, proviene dall’azienda stessa.
Circa alla fine di Novembre o ai primi di Dicembre il maiale viene macellato nelle strutture autorizzate ed
arriva in mezzene in azienda.
Manipolati ed insaccati salami e soprèsse, è la volta dei cotechini. Le parti di carne selezionate per i
cotechini sono quelle più dure: la carne nervosa, le orecchie, parti tendinee. Si provvede, quindi, a macinare
il tutto (con l’aggiunta dell’eventuale lardo se necessario). Le cotiche, depilato l’animale, vanno spellate e
liberate dal grasso sottocutaneo, fino a renderle simili a cinghie di cuoio. Quindi vengono ben pestate e
macinate più volte (con piastra da 8/10 mm). Secondo le famiglie ed i gusti, all’impasto viene aggiunta, oltre
al sale, la concia, finemente ridotta in polvere (pepe, cannella, chiodi di garofano). A volte qualche
produttore, soprattutto nel Basso Vicentino, fa uso di spicchi d’aglio da aggiungere all’impasto. Perché non
risulti troppo evidente, soprattutto se si tratta di un prodotto da cuocere, si è affermata la pratica di non
inserire interi spicchi ma si provvede a schiacciare l’aglio per poi farne un involtino dentro ad un pezzetto di stoffa che viene macerato per 2/3 ore nel vino bianco secco (Tocai Bianco); tolto l’aglio, il vino viene
asperso sul macinato ottenendo il risultato di un insaccato leggermente profumato d’aglio e di vino.
Parallelamente a queste operazioni, messo da parte il muso dell’animale e sezionato in senso longitudinale
per ottenere due cotechini con lo sgrugno, viene messo, con la parte della cotica a contatto con il ripiano, a
salare su di una superficie inclinata, meglio se di marmo, al fine di far scolare il liquido che la carne rilascia
in presenza di sale. Con il sale si aggiungono anche le spezie (chiodi di garofano, cannella, pepe), cosparse
sulla superficie prima del sale di modo che quest’ultimo, penetrando, faccia assorbire anche le spezie. Il
tempo di salatura e speziatura dura circa mezza giornata.
A questo punto la carne può essere inserita all’interno del budello: si mette un po’ di pasta e si inserisce il
muso (tagliato a metà in senso longitudinale per fare due cotechini) per poi completare aggiungendo la polpa
di carne mancante cercando di manipolare l’insaccato di modo da far fuoriuscire tutta l’aria. Successivamente
il cotechino con il muso viene legato alle estremità. Il budello viene punzecchiato con la sponciròla per far
uscire il liquido e l’aria che impedirebbero alle componenti di aderire. Quindi l’insaccato è dunque messo con gli
altri ad asciugare, nei primi 8/10 (anche a seconda del clima), in un ambiente secco affinché asciughi (una
volta era essenzialmente accanto al focolare domestico perché unico ambiente asciutto, ma il caldo non è una
condizione necessaria perché gli insaccati non portano tabarro). Essenzialmente si tratta di un locale adibito
all’asciugatura degli insaccati, tenuto sui 18°C inizialmente e portato ai 12°C man mano che l’asciugatura
procede, munito di ricircolo d’aria.
Il periodo tradizionale d’uccisione e lavorazione del maiale inizia intorno al 25 Novembre (De Santa
Caterina còpa il màs-cio e istàla la bovina) e può continuare fino a Carnevale. Il clima del Basso Vicentino
(inverni secchi) detta l’usanza di ammazzare il maiale prima dell’Immacolata, periodo caratterizzato da venti
umidi che precedono il freddo invernale secco. Un certo livello di umidità impedisce al budello di staccarsi
dalla carne.Tale peculiarità degli insaccati interessa anche i locali di conservazione. Devono essere freschi e
garantire un corretto livello di umidità. L’ambiente dev’essere, se non buio, almeno in penombra dato che
notoriamente il grasso tende ad irrancidire alla luce. I cotechini non durano molto e sono consumati prima
dell’inizio dell’estate (se conservati in cantine fresche, magari sotterranee, altrimenti fino all’inizio del tepore
primaverile), perché altrimenti diventano troppo piccanti di sale e rischiano di diventare rancidi. Altrimenti si
possono surgelare trascorsi gli 8-10 giorni dell’asciugatura.
Si possono utilizzare, dovendo essere cotti, fin da subito: è ripetutamente punto perché la pelle non si
laceri e quindi lessato a fuoco lento per 3 e ½ – 4 ore, con l’accortezza di cambiare più volte l’acqua.
Tradizionalmente il cotechino si sposa molto bene al kren (grattugiato), con l’aggiunta di aceto e zucchero,
con i crauti o i radici in tècia. Nelle zone dove la radice non si trova (o per i putèi che possono non gradire il
gusto piccante) si fa un tipico contorno di germogli di papavero (bijigole) e tarassaco (pisacàn), il primo dal
sapore dolciastro compensato dall’amaro del secondo. Le erbe, preventivamente lessate, vengono
leggermente tritate e poi scaltrite in un soffritto con l’aggiunta di qualche pezzetto di lardo o pancetta (o di
un pezzo di cotechino) in una teglia chiusa per mantenerle morbide. Può essere anche servito come antipasto
con un contorno tradizionale di fagioli stufati.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Coltelli
Robusto tritacarne fornito di coltelli e piastre di vario tipo (màchina da màs-ci)
Sponciaròla, punteruolo multiplo a forma di bruschino avente base rotonda sul quale sono fissate sottili
punte di metallo
Spago, gavetta
Pertiche (stànghe da salàdi), uno o più pali di castagno agganciate ad un trave del soffitto ai quali si
appendono a stagionare gli insaccati.
Moscaròla rete a maglia fitta con la quale a volte si proteggevano gli insaccati ed altri alimenti
conservati in cantina.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Le carni utilizzate e le materie prime provengono tutte da strutture autorizzate alla macellazione.
Sono lavorate nel laboratorio autorizzato alla lavorazione di carni suine, piastrellato fino ad un’altezza di
2,70 m e con pavimento e soffitto lavabile, stanze con ricircolo naturale d’aria, finestre protette da reticelle e
da esche contro mosche e roditori.
I piani di lavoro sono in acciaio e i lavelli sono a due vasche e azionati a pedale.
Nei primi 10/15 giorni l’insaccato è inoltre appeso in un ambiente secco affinché asciughi: essenzialmente si
tratta di un locale adibito all’asciugatura degli insaccati, tenuto sui 18°C inizialmente e portato ai 12°C man
mano che l’asciugatura procede, munito di ricircolo d’aria.
Il cotechino con lo sgrugno si conserva oggi in frigo surgelandolo, trascorsi gli 8-10 giorni di asciugatura, ma
altrettanto valide sono la conservazione con gli altri insaccati in cantina, che garantisce il fresco, l’umido e la
penombra (si conserva così fino alla primavera), e la conservazione in ònto (oltre tutto prelibato
condimento).
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Del coessin co lo sgrugno si ha testimonianza dalla zona del Basso Vicentino. Tale presenza e tipicità è
provata dalle numerose voci di persone anziane della zona, il cui ricordo del coessìn nel grasso di maiale
risale alle usanze dei propri nonni.
Il Candiago nel suo “Itinerari Gastronomici Vicentini” nomina il cotechino musèto come piatto
particolarmente prelibato da degustare in quel di Costozza intendendone la tipicità basso vicentina.
Deroghe. Oggetto della richiesta di deroga e motivazioni della stessa
MATERIALI: assi e tavole di legno per la lavorazione.
LOCALI: locali storici e/o tradizionali e/o naturali (cantine, grotte con pareti, soffitti e pavimenti naturali in
pietra ecc.) per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi, conformemente alla normativa di settore.
La richiesta di deroghe all’impiego dei suddetti materiali e locali è finalizzata alla lavorazione e preparazione
della carne di coessìn co losgrugno.
Le attrezzature in legno, in particolare le tavole e assi utilizzati soprattutto nei locali di lavorazione,
esercitano un ruolo importante nella regolazione dell’umidità del prodotto e dell’ambiente durante le fasi di
asciugatura e maturazione.
Relativamente alla consuetudine di utilizzare poi locali tradizionali e/o naturali (cantine, magazzini, grotte, ecc.)
si evidenzia che i prodotti tradizionali, diffusi e rinomati da almeno 30 anni sono il risultato, oltre che della
qualità della materia prima, anche delle peculiarità degli ambienti di lavorazione e stagionatura naturalmente
presenti sul territorio di origine. Molti formaggi sono famosi proprio per le peculiarità degli ambienti di
stagionatura che, grazie anche alle particolari condizioni di temperature e umidità, permettono una ottimale
asciugatura della carne; queste inducono il prodotto a sprigionare aromi, profumi e sapori caratteristici che
non potrebbero essere ottenuti in ambienti privi di tali caratteristiche microclimatiche e microbiologiche.
La prevenzione e la gestione degli eventuali pericoli di natura biologica, chimica o fisica ed i potenziali
rischi associati ad ogni fase del processo produttivo, è quindi definita nel manuale di autocontrollo aziendale.
La produzione del cotechino con lo sgrugno è tipica del Veneto ed in particolare dei Comuni del Basso
Vicentino e si differenzia da zona a zona.