Coessìn in onto del basso vicentino è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto
Categoria
Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Coessìn in onto del basso vicentino
Territorio interessato alla produzione
La conservazione del Coessìn in onto del basso vicentino nell’unto di maiale è tipica dei Comuni del Basso Vicentino e si
differenzia da zona a zona. Cospicue testimonianze provengono da quei Comuni di pianura protesi verso
il Veronese caratterizzati da una storia di povertà ed isolamento dove le famiglie erano particolarmente
numerose per la maggior richiesta di manodopera agricola (rispetto alle zone collinari e a quelle più
vicine alla città di Vicenza): Noventa, Pojana, Albettone, Agugliaro, Orgiano, Sossano, Campiglia,
Alonte, Lonigo. È proprio in quest’ambito che si inserisce la cultura familiare del far sù el màs-cio:
tecniche, tramandate di padre in figlio, di lavorazione e conservazione di tutte le parti del maiale (nulla
andava sprecato) studiate per soddisfare le numerose bocche, nell’arco di tutto l’anno, tra l’uccisione del
vecchio e il màs-cio novo. Naturalmente anche nelle zone collinari si allevava il maiale, ma si può dire
che ciò fosse concentrato in alcune famiglie, specializzate in questo, che fornivano prodotti finiti anche
per terzi: tradizioni quindi non diffuse come nel territorio di pianura, dove costituivano un sapere
domestico irrinunciabile per tutte le corti. In particolare erano frequenti in collina agglomerati molto
numerosi di famiglie (una proprietaria) in cui una sola delle tante si occupava del cospicuo allevamento di
maiali (per tutte le altre).
Descrizione sintetica del prodotto
Pasta da cotechino Coessìn in onto del basso vicentino – Ovvero cotica (coèssa), parti muscolari più dure (orecchie, pezzi di tendini), polpa nervosa.
Lardo – Viene aggiunto se necessario: ad occhio si può notare se la carne è troppo magra e quanto grasso è
necessario (la carne troppo secca è più difficile da conservare, oltre che meno gustosa).
Lardo fuso (ònto, colà) che, nella modalità di conservazione c.d. sotto ònto, costituisce condimento e
conservante del cotechino.
Sale grosso.
Ingredienti per la c.d. concia (cónza): cannella, pepe, chiodi di garofano (eventualmente altri sapori a
seconda delle usanze d’ogni famiglia).
Aglio (a spicchi o tritato)
Budello (Buélo) – In particolare per insaccare il cotechino si utilizza, in alcuni casi, la c.d. Mànega: budello
cieco della cavità appendicolare del cavallo o della mucca caratterizzato da una maggior capienza (14/15
cm di diametro) rispetto ai budelli da salami (la forma tondeggiante permette all’impasto di conservarsi
più fresco). In questo caso prende il nome di bondiola ed è frequente nei Comuni di pianura.
Generalmente si tende ad utilizzare un budello di diametro più ristretto detto stòrto o fondìna. I budelli
vengono messi a strati sotto sale e, prima dell’uso, rivoltati, lavati più volte con acqua calda e aceto
(bollito con vino bianco e rosmarino) affinché perdano il caratteristico odore, infine lavati ancora ed
asciugati. I budelli di maiale, utilizzati un tempo, venivano anche raschiati con il dorso di un coltello.
Olio di vinacciolo per isolare i cotechini conservati nello strutto.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
I suini, proprio perché destinati alla confezione di insaccati, vengono ingrassati al meglio e macellati solo
quando superano i 160 chili di peso. Preparata una caliéra (pentola di rame) di acqua bollente, il maiale,
appeso e agganciato con il ranpìn, viene sgozzato (oggi ucciso prima con un colpo di pistola) e posto sulla mèsa pelaóra, recipiente trapezoidale di legno con impugnature per il trasporto. Qui si provvede a
scottare il maiale con acqua non del tutto bollente (una temperatura leggermente sbagliata può
pregiudicare la riuscita dell’operazione) per togliere le setole, facendo uso di coltelli e raspa. Tolte le
unghie si squarta l’animale in do sbrèghe e lo si libera delle interiora, se ne pesa una metà e lo si appende
affinché asciughi. Il tempo di raffreddamento ed asciugatura della carne, prima della lavorazione vera e
propria, varia da zona a zona, le testimonianze provenienti dal Basso Vicentino insistono sulle 24 ore.
Trascorso il tempo necessario, le carni che si ricavano dallo spolpamento dell’animale si suddividono
secondo le destinazioni (lavorazioni e modalità di consumo diverse). Selezionate e dosate, vengono
insaporite attraverso la c.d. concia e lavorate (domà).
Manipolati ed insaccati salami e soprèsse, è la volta dei cotechini. Le parti di carne selezionate per i
cotechini sono quelle più dure: la carne nervosa, le orecchie e il muso. Le testimonianze provenienti da
Mossano, diversamente dalle altre del Basso Vicentino, escludono l’utilizzo d’orecchie e muso perché
parti eccessivamente dure, percepibili al gusto nonostante la cottura. Si provvede, quindi, a macinare il
tutto, con l’aggiunta dell’eventuale lardo secondo la necessità. Le cotiche, depilato l’animale, vanno
spellate e liberate dal grasso sottocutaneo, fino a renderle simili a cinghie di cuoio. Quindi vengono ben
pestate e macinate più volte (con piastra da 8/10 mm). Secondo le famiglie ed i gusti, all’impasto viene
aggiunta, oltre al sale, la concia, finemente ridotta in polvere (pepe, cannella, chiodi di garofano). A volte,
soprattutto nel Basso Vicentino, si fa uso di spicchi d’aglio da aggiungere all’impasto; perché non risulti
troppo evidente, soprattutto se si tratta di un prodotto da cuocere (la cottura fa risaltare l’aglio), si è
affermata la pratica di non inserire interi spicchi ma si provvede a schiacciare l’aglio per poi farne un
involtino dentro ad un pezzetto di stoffa che viene macerato per 2/3 ore nel vino bianco secco (Tocai
Bianco); tolto l’aglio, il vino viene asperso sul macinato ottenendo il risultato di un insaccato leggermente
profumato d’aglio e di vino. A questo punto la carne può essere inserita all’interno del budello (con
l’ausilio di un imbuto) successivamente legato alle estremità. Il budello viene punzecchiato con la c.d.
sponciròla per far uscire il liquido (e grasso) e l’aria, che impedirebbe alle componenti di aderire.
Il periodo tradizionale d’uccisione e lavorazione del maiale inizia intorno al 25 Novembre (De Santa
Caterina còpa il màs-cio e istàla la bovina) e può continuare fino a Carnevale. Il clima del Basso
Vicentino (inverni secchi) detta l’usanza di ammazzare il maiale prima dell’Immacolata, periodo
caratterizzato da venti umidi che precedono il freddo invernale secco. Un certo livello di umidità
impedisce al budello di staccarsi dalla carne.
Tale peculiarità degli insaccati interessa anche i locali di conservazione. Devono essere freschi e garantire un
corretto livello di umidità. L’ambiente dev’essere, se non buio, almeno in penombra dato che
notoriamente il grasso tende ad irrancidire alla luce. I cotechini non durano molto e vanno consumati
prima dell’inizio dell’estate, perché altrimenti diventano troppo piccanti di sale e rischiano di diventare
rancidi; quelli nella mànega si conservano più a lungo per la forma rotondeggiante.
Si possono utilizzare, dovendo essere cotti, fin da subito: viene ripetutamente punto con uno stuzzicadente
perché la pelle non si laceri e quindi lessato a fuoco lento per 3 e ½-4 ore, con l’accortezza di cambiare
più volte l’acqua. Tradizionalmente il cotechino si sposa molto bene al kren (grattugiato), con l’aggiunta
di aceto e zucchero, con i crauti o i radici in tècia. Nelle zone dove la radice non si trova (o per i putèi che
possono non gradire il gusto piccante) si fa un tipico contorno di germogli di papavero (bijigole) e
tarassaco (pisacàn), il primo dal sapore dolciastro compensato dall’amaro del secondo. Le erbe,
preventivamente lessate, vengono leggermente tritate e poi scaltrite in un soffritto con l’aggiunta di
qualche pezzetto di lardo o pancetta (o di un pezzo di cotechino) in una teglia chiusa per mantenerle
morbide.
La tradizionale modalità di conservazione sotto ònto consiste nel riporre i cotechini in olle (pegnàte) di
terracotta o in bocce di vetro scuro con del lardo fuso versato all’interno. Il grasso del maiale viene fuso
in una pentola, filtrato e versato ancora tiepido, prima che rapprenda, nel recipiente già riempito dei
cotechini, è necessario che l’operazione venga eseguita gradatamente per far penetrare in tutti gli interstizi
lo strutto e, quindi, per non creare vuoti d’aria. La terracotta (verniciata all’interno) è particolarmente
indicata perché isola maggiormente il contenuto e perché preserva dalla luce. A tale scopo i contenitori di
vetro vengono avvolti con della carta o della tela. Le bocche dei recipienti sono larghe, per far passare
una mano, e vengono chiuse con dell’altra carta fissata con dello spago, a volte un foglio di carta oleata.
Si usa isolare ulteriormente il contenuto versando sulla superficie un velo di olio di vinacciolo. I
contenitori vengono riposti in luoghi freschi e bui e, al momento dell’uso, il cotechino, raschiato dal
grasso aderente al budello, si presenta particolarmente fresco e saporito (l’onto penetra sempre in una piccola quantità all’interno del budello insaporendo l’insaccato, usualmente d’altronde vengono
considerati migliori i cotechini più attaccaticci). Il coessìn in ònto risulta particolarmente duraturo.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Calièra, pentola di rame
Coltelli
Raspe
Recipiente in legno per scottare il maiale (mèsa)
Tavoliero
Màchina da màs-ci, robusto tritacarne fornito di coltelli e piastre di vario tipo (in passato azionato da due
uomini a mano) al quale successivamente viene applicato un lungo imbuto (priòlo) di diametro variabile
per insaccare il macinato nel budello.
Sponciaròla (punteruolo multiplo a forma di bruschino avente base rotonda sulla quale sono fissate sottili
punte di metallo)
Colabrodo
Spago, gavetta
Carta da pane
Pertiche (stànghe da salàdi), uno o più pali di castagno agganciate ad un trave del soffitto ai quali si
appendono a stagionare gli insaccati. Generalmente sono protette dalla visita di animali indesiderati con
l’utilizzo di pungitopo rivolto verso l’alto.
Moscaròla rete a maglia fitta con la quale a volte si proteggono gli insaccati ed altri alimenti conservati in
cantina.
Bròndo, pentola di rame con l’interno in bronzo munita di tre piedini, per uso quotidiano strettamente
domestico.
Olle di terracotta (pegnàta de tèra), recipienti comuni e poveri, verniciati all’interno, dotati di ampia bocca,
di un collo svasato e di uno o due manici.
Vasi di vetro (bossòni de vèro) vantaggiosi per il loro materiale igienico e per la loro buona chiusura, perché
il bordo esterno del coperchio è smerigliato, come è smerigliato il bordo interno del collo su cui esso
poggia. Di solito si preferiscono se scuriti, nonostante vengano avvolti in carta da pane o in della tela, per
evitare la penetrazione della luce.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Tradizionalmente il maiale si ammazzava nella corte della casa contadina, davanti alla stalla sotto el
pòrtego, e lasciato riposare sul posto (in qualche famiglia si ritirava in casa essenzialmente per paura dei
ladri). Si lavorava quindi nel tinello o perfino all’interno della cucina domestica.
Il cotechino nel lardo fuso si conserva in cantina, luogo fresco, umido e in penombra.
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
Del cotechino conservato nel lardo fuso si ha testimonianza dalla zona del Basso Vicentino. Tale presenza
e tipicità è provata dalle numerose voci di persone anziane della zona, il cui ricordo del coessìn nel grasso
di maiale risale alle usanze dei propri nonni, ed ai quali sembra naturale ed evidente rispondere che
coessìn in onto se fa da sempre.
Deroghe. Oggetto della richiesta di deroga e motivazioni della stessa
MATERIALI: assi e tavole di legno per la lavorazione.
LOCALI: locali storici e/o tradizionali e/o naturali (cantine, grotte con pareti, soffitti e pavimenti naturali in
pietra ecc.) per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi, conformemente alla normativa di settore.
La richiesta di deroghe all’impiego dei suddetti materiali e locali è finalizzata alla lavorazione e preparazione
della carne di coessìn in onto del basso vicentino.
Le attrezzature in legno, in particolare le tavole e assi utilizzati soprattutto nei locali di lavorazione,
esercitano un ruolo importante nella regolazione dell’umidità del prodotto e dell’ambiente durante le fasi
di asciugatura e maturazione.
Relativamente alla consuetudine di utilizzare locali tradizionali e/o naturali (cantine, magazzini, grotte, ecc.)
si evidenzia che i prodotti tradizionali, diffusi e rinomati da almeno 30 anni sono il risultato, oltre che
della qualità della materia prima, anche delle peculiarità degli ambienti di lavorazione e stagionatura
naturalmente presenti sul territorio di origine. Molti formaggi sono famosi proprio per le peculiarità degli
ambienti di stagionatura che, grazie anche alle particolari condizioni di temperature e umidità, permettono
una ottimale asciugatura della carne; queste inducono il prodotto a sprigionare aromi, profumi e sapori
caratteristici che non potrebbero essere ottenuti in ambienti privi di tali caratteristiche microclimatiche e
microbiologiche.
La prevenzione e la gestione degli eventuali pericoli di natura biologica, chimica o fisica ed i potenziali
rischi associati ad ogni fase del processo produttivo, è poi definita nel manuale di autocontrollo
aziendale.
La conservazione del cotechino nell’unto di maiale è tipica dei Comuni del Basso Vicentino e si
differenzia da zona a zona.