Conmposte delle valli dell’Agno e del Chiampo

Conmposte delle valli dell’Agno e del Chiampo è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Vicenza

Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Conmposte delle valli dell’Agno e del Chiampo

Territorio interessato alla produzione
Valdagno, Recoaro; Chiampo, Altissimo, Crespadoro, Durlo

Descrizione sintetica del prodotto
Trasformato a base di cavoli verza, conservati nella loro salamoia. Preparato anche (nell’alta Valle del Chiampo
ed in particolare a Durlo) nella variante delle Biscòte, con cavoli cappucci tagliati in quarti, la cui salamoia é
arricchito di aceto aromatizzato con erbe profumate, semie spezie, e con graspìa o pimpinella (un vinello rosato
ottenuto dalla macerazione delle vinacce in acqua con poco sale, ed a piacere bacche di ginepro), nelle proporzioni
di 2 l di aceto / un secchio di graspìa.

Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Dopo aver ben lavato le verze, si tagliano a metà, quindi si sbollentano. Sgocciolate, si sistemano, alternandole con
manciate di sale, in un apposito contenitore. Il recipiente va mantenuto per 3-4 settimane in un ambiente sempre
riscaldato fra i 22 ed i 15° C, per innescare e protrarre il processo di fermentazione (bisognerebbe partire con le
temperature più alte nei primissimi giorni e mantenere quelle più basse nel resto del mese). Le verze cominciano
così ad assorbire il sale e ad emettere la loro acqua, formando una salamoia naturale. Dopo il mese di bagno
(bèva), il contenitore va mantenuto in un ambiente fresco con temperature non superiori ai 10°C (solitamente
venivano riposto in cantina, sollevati dal piano di terra con pietre o altri materiali). Pur potendosi mangiare già
dopo un mese, le conpòste sono più appetibili dopo 2-3 mesi, e comunque da consumarsi preferibilmente entro
l’arrivo del caldo più forte.

Materiali ed attrezzature utilizzati per la preparazione ed il condizionamento del prodotto
Coltelli e taglieri.Contenitori atti alla fermentazione: tradizionalmente, un alto mastello di legno cilindrico, non
svasato, affinché il coperchio possa scendere sempre premuto con un grosso sasso pulito, seguendo il livello della
conpòsta man mano che era consumata: brènto, masteléta, mestèla o mestelàra. Più avanti, si é cercato di
conservare le conpòste in contenitori che diminuissero il rischio della formazione di muffe: perciò si é passati ai
cùchi in argilla fine e compatta, la cui bocca era poi chiusa con un foglio di carta oleata stretta da uno spago, e poi
ancora ai bossòni o balarìne di vetro, con tappo conico, sempre in vetro, smerigliato. Questi contenitori più
evoluti, non avendo un tappo che scende con il consumo della conserva, dovevano avere dimensioni relativamente
piccole, proporzionate all’incirca al consumo che s’intende fare in 7-10 giorni.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Ambienti anche casalinghi ma caratterizzati da una buona igiene. I vasi chiusi per la conservazione del prodotto
fermentato dovrebbero potersi stoccare anche in una cantina tradizionale.

Elementi che comprovino come le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole
tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
La produzione di conpòste seguendo il sistema sopra descritto risale indietro nel tempo di oltre un secolo. Essa
riguarda in particolare, nell’area di produzione, paesi e contrade la cui altitudine rendeva incerto
l’approvvigionamento di verdure durante l’inverno. E’ risaputo che nel Valdagnese si cercava di preservare le
verze ed i cappucci maturati nella tarda estate anche piantandoli nella terra con le radici scoperte: l’umidità e il
gelo intaccavano solo il primo strato di foglie, mentre il resto si manteneva sano (procedimento detto capussàro).
Ma le conpòste erano altra cosa: mentre costituivano un tentativo in più di garantirsi scorte di verze per la stagione
dura, permettevano di preparare piatti a sè estremamente saporiti nelle contrade dei monti attorno alla valle
dell’Agno, come ad esempio le Conpòste in tècia con sàta de màs-cio.

Trasformato a base di cavoli verza, conservati nella loro salamoia. Preparato anche (nell’alta Valle del Chiampo
ed in particolare a Durlo) nella variante delle Biscòte, con cavoli cappucci tagliati in quarti, la cui salamoia é
arricchito di aceto aromatizzato con erbe profumate, semie spezie, e con graspìa o pimpinella (un vinello rosato
ottenuto dalla macerazione delle vinacce in acqua con poco sale, ed a piacere bacche di ginepro), nelle proporzioni
di 2 l di aceto / un secchio di graspìa.