Craut – verde agre è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Belluno
Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Craut – verde agre
Territorio interessato alla produzione
Agordino, Alto Bellunese, Valbelluna, Feltrino, Alpago, Longaronese, Cadore, Sappada Ampezzano)
Descrizione sintetica del prodotto
Materia prima: cavolo cappuccio
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre si raccolgono i cavoli cappucci, si puliscono, si eliminano le
foglie esterne guaste e si affettano in fette sottili. Sul fondo di un mastello di legno si pongono delle foglie
sane ed intere. Sopra si depositano a strati i cavoli affettati; tra strato e strato è poi messa una manciata di sale e
qualche bacca di ginepro. Si pigia tutto per bene con un mazzuolo di legno, in tal modo si forma ben presto
dell’acqua. Una volta terminato di disporre i cavoli a strati si copre il tutto con altre foglie intere e sane,
quindi si posiziona sopra un coperchio in legno e un peso per facilitare la formazione della “broda”.
All’utilizzo si toglie l’acqua torbida e se ne aggiunge di pulita.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Per tagliare il cavolo si utilizzano poi coltelli e taglieri in legno oppure un apposito attrezzo, ossia tola da verze o
da cràut (tavola con lama ad incastro). Vengono poi utilizzati un mastello di legno o di terracotta vetrificata
(non in metallo, a meno che non sia acciaio inox) e un mazzuolo in legno.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Le operazioni di lavorazione avvengono quindi in ambito casalingo; per la conservazione si utilizza un locale fresco
(cantina), sostituendo l’acqua ogni volta che si intorbidisce. La stagionatura dura per 2-3 mesi dalla data di
preparazione alla consumazione.
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Le testimonianze bellunesi più antiche sono quindi le note del Canonico Giovanbattista Barpo che, nel suo trattato
intitolato “Le delizie e i frutti dell’Agricoltura e della Villa” (1632), a proposito dei crauti, così dice:
«Alcuni li ripongono in cantina con della terra al piede, e servono per loro uso quotidiano; altri li tagliano
minutissimi con un coltello ben affilato e li calcano in un mastello ben pulito, alti tre dita, con una mano di
sale; poi mettono un’altra mano di cappucci e un’altra di sale e così via, fin che il contenitore è ben pieno;
poi li coprono con una tavola zavorrata con qualche peso di sopra e, d’inverno, se li mangiano in minestra con
del buon brodo di vaccina o di porco. Questo cibo delicatissimo, che chiamano Craut, è abituale
particolarmente nel Friuli, fatto però venire, per la maggior parte, dalla Germania».
Altri riferimenti bibliografici:
“Civiltà agricola agordina” di Rossi Giovanni Battista
Appunti etnografico – linguistici, Nuovi sentieri Editore, Belluno 1982
Dizionario dei dialetti ladini e ladino-veneti dell’Agordino, Istituto Bellunese di ricerche sociali e culturali –
serie dizionari n.5 – autore G. B. Rossi, 1992