I crauti delle Bregonze sono un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Vicenza
Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale e trasformati
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Crauti delle Bregonze.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Vicenza area delle Bregonze comuni di Carrè e Caltrano.
Descrizione sintetica del prodotto
Trasformato a base di cavoli cappucci conservati e fermentati nella loro salamoia. Tale processo può essere
favorito da un microrganismo, il Lactobaillus Plantarum, presente nel latticello e nel siero di latte che basta
aggiungere in piccole quantità (mezzo litro su 25 kg di cappucci). In mancanza del siero può bastare
semplicemente il sale (150 g su 25 kg di cappucci, generalmente il sale viene impiegato al 2%). Se la
salamoia naturale dei cappucci non dovesse essere sufficiente a ricoprirli costantemente, si dovranno
preparare aggiunte di salamoia con 15 g di sale per litro d’acqua.
Si possono aggiungere a piacere semi d’erbe aromatiche come il finocchio selvatico e grani di pepe.
Una variante più delicata prevede l’impiego di poche mele a fettine da mischiare ai cappucci.
Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Si inizia a lavorare i cavoli-cappucci nel mese di settembre e la prima commercializzazione arriva con la zena
del mas-cio a fine novembre.
Dopo aver ben lavato i cappucci e dopo aver messe da parte alcune delle foglie esterne da lasciare intere sul
fondo del recipiente ma anche, volendo, sulla superficie, si dividono a metà, si mondano dei torsoli e si
tagliano a fettucce il più possibile sottili. Volendo si possono tagliare e mischiare anche i torsoli o
alternativamente delle mele.
La verdura si sistema poi in un apposito contenitore alternando gli strati con manciate di sale. Gli strati
vengono pestati, con un mortaio o direttamente col pugno, per favorire il compattamento e l’emissione dei
liquidi naturali pestandoli fino a che il liquido che ne fuori esce non li ha coperti del tutto (qualcuno
preferisce salarli, rimestarli e pestarli in secchi a parte, dove vengono lasciati un paio di giorni prima di essere
riversati nei contenitori definitivi). Se é disponibile, si aggiunge il latticello. E’ molto importante riempire i
contenitori – di qualunque tipo siano- per 3/4 o poco più dal momento che nel processo di fermentazione
viene prodotta anidride carbonica. Come pure é fondamentale che i crauti siano sempre ben coperti dalla
salamoia (se scarseggia va rimpinguata).
Il recipiente dev’essere mantenuto per 3-4 settimane in un ambiente sempre riscaldato fra i 15 e i 22° C per
innescare e protrarre il processo di fermentazione (usualmente si parte con le temperature più alte nei
primissimi giorni per mantenere quelle più basse nel resto del mese).
I cappucci, assorbendo il sale, emettono la loro acqua, formando una salamoia naturale. Per una buona
conservazione del prodotto, é fondamentale che i crauti rimangano sempre sommersi nella loro acqua: se
durante la fermentazione una parte di liquido dovesse uscire dal vaso, si deve aggiungere della salamoia fatta
a parte.
Dopo un mese di bagno (bèva), il contenitore va mantenuto in un ambiente fresco con temperature non
superiori ai 10°C. Solitamente venivano riposti in cantina, sollevati dal piano di terra con pietre o altri
materiali.
Pur potendosi mangiare già dopo un mese, sono più appetibili dopo 2-3 mesi, e comunque da consumarsi
preferibilmente entro l’arrivo del caldo.
E’ da ricordare l’estrema digeribilità che caratterizza in genere tutte le verdure sottoposte a procedimento di
fermentazione, al contrario di quello che molti potrebbero pensare.
Materiali ed attrezzature utilizzati per la preparazione ed il condizionamento del prodotto
Coltelli e taglieri, recipienti per alimenti
Contenitori per la fermentazione: tradizionalmente un alto mastello di legno cilindrico (brènto, masteléta,
mestèla o mestelàra), usualmente dei tini di Larice, non svasato, con un coperchio mobile di legno pressato
costantemente contro la massa che segua il livello della conpòsta man mano che è consumata. Più avanti
si é cercato di conservare le conpòste in contenitori che diminuissero il rischio della formazione di muffe
passando perciò ai cùchi in argilla fine e compatta, la cui bocca veniva chiusa con un foglio di carta oleata
stretta da uno spago, e poi ancora ai bossòni o balarìne di vetro, con tappo conico, sempre in vetro,
smerigliato. Questi contenitori più evoluti, non avendo un tappo che scende con il consumo della conserva,
dovevano avere dimensioni relativamente piccole, proporzionate all’incirca al consumo di 7-10 giorni. Ad
ogni modo nell’eventualità che si formino delle muffe, nel caso di utilizzo di contenitori in legno, basta
togliere lo strato per arrivare al prodotto sottostante perfettamente sano.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Cucina–laboratorio autorizzata, piastrellata fino ad un’altezza di 2,70 m e con pavimento e soffitto lavabile. I
piani di lavoro sono poi in acciaio e i lavelli sono a due vasche e azionati a pedale.
I vasi chiusi, per la conservazione del prodotto fermentato, si stoccano nelle cantine tradizionali.
Elementi che comprovino come le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo
regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
La Provincia di Vicenza ha assorbito gusti e ricette degli stati dominanti. Molti piatti vicentini sono inoltre austriaci.
Austriache sono certe composizioni novembrine che trovano l’optimum con i crauti. L’uso dei crauti fu
introdotto durante la dominazione asburgica. I soldati Austriaci, che affollavano quindi le tantissime caserme
vicentine, non volevano perdere il legame con la loro terra e si facevano da sé un contorno di cavoli cappucci.
Osteggiati all’inizio, trovarono vari abbinamenti con alcuni salumi locali e i primi a capire l’importanza per
uno sfruttamento industriale furono poi i fratelli Zuccato, a Caltrano, che possono essere fieri della centenaria
fondazione del laboratorio (dal 1898).
In particolare la produzione di Crauti delle Bregonze nella Valli ha poi per lungo tempo riguardato paesi e contrade la cui
altitudine rendeva incerto l’approvvigionamento di verdure durante l’inverno. Nell’alta Valle si cercava di
preservare i cappucci maturati nella tarda estate anche piantandoli inoltre nella terra con le radici scoperte: l’umidità
e il gelo intaccavano solo il primo strato di foglie, mentre il resto si manteneva sano (procedimento detto
capussàro).
I Crauti delle Bregonze costituivano quindi un tentativo in più per garantirsi scorte di cappucci per la stagione fredda ottenendo così
un prodotto trasformato a sé stante, base per preparazioni estremamente saporite. In particolare i Crauti si
affiancano a ricche carni di maiale e ai lessi.
Ci sono ancora delle famiglie che continuano la tradizione (ma utilizzando per la fermentazione i vasi di
vetro). I Crauti delle Bregonze prodotti poi artigianalmente conservano più facilmente il sapore antico non venendo interrotto il
processo di fermentazione, come avviene nell’industria, mediante pastorizzazione (che serve per togliere un
po’ del gusto marcato).
Il Candiago, nel ’62, cita i Crauti di Caltrano con il cotechino musetto come il piatto tradizionale che si offre
all’ascensione.