Farina per polenta di mais “sponcio”

La farina per polenta di mais “sponcio” è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto

Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Farina per polenta di mais “sponcio”.

Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
L’area classica di produzione e coltivazione (nel passato e attualmente) è poi la Val Belluna, ma in maniera
più tipica e tradizionale anche la conca feltrina e soprattutto i Comuni di Cesiomaggiore, Feltre, Fonzaso,
Seren del Grappa, Pedavena, Arsiè, San Gregorio nelle Alpi.

Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
La farina per polenta di mais sponcio è quindi ottenuta secondo la tradizione, attraverso la molitura del mais
sponcio. Il mais sponcio è inoltre stato accuratamente e scientificamente descritto in recenti studi e ricerche ed
è citato nel Documento normativo di integrazione (parte XI del D.G.R. 2931 del 3 ottobre 2003) del
P.S.R. delle Regione Veneto, quale varietà particolarmente meritoria poi di tutela e valorizzazione per le
elevate caratteristiche qualitative.
E’ una varietà ad impollinazione libera, caratterizzata inoltre dalla conformazione della cariosside che presenta
una “punta” tecnicamente definibile come “rostro”, rivolto quindi verso l’apice della spiga, il quale dona
conferisce il nome dialettale al mais appunto di “sponcio” cioè che punge le mani.
Le spighe sono dunque cilindriche con ranghi disposti regolarmente e colore bianco del tutolo, cariossidi a
forma di rostro, di colore aranciato vivo, elevato peso ettolitrico medio (kg/hl 85,4), una consistenza
marcatamente vitrea e una forte presenza di caroteni e xantofille.
A livello produttivo lo “sponcio” ha rese dunque molto inferiori (4,52 t/Ha al 15,5 % di umidità) rispetto ai
moderni ibridi di mais dentati e vitrei di pari classe e alta suscettibilità a stroncamenti e allettamenti.
Tra le citate meritorie caratteristiche, spicca su tutte la vitrosità della cariosside che permette di ottenere
una farina per polenta quindi dalle elevate caratteristiche qualitative.
La farina evidenzia perciò un colore giallo-arancio intenso, che permane anche trasformata in polenta, e da cui
emanano intensi profumi caratteristici. Le stesse analisi chimiche effettuate alla farina definiscono
valori in proteine e grassi superiori alle farine ottenute da ibridi semivitrei e in linea con tutte le più                                                                                                                                                                          tradizionali varietà venete di mais ad impollinazione libera. (dati rilevati da scheda Accessione
ITA0340345 presente presso l’Istituto “Strampelli” di Lonigo, su materiale reperito nel feltrino).
Dall’accurato esame della situazione e del prodotto, si evince che è pratica ammessa e concessa dalla
tradizione locale, la miscelazione in dosi il 20% con cariossidi delle altre due importanti varietà di mais
locali ad impollinazione libera, “fiorentin” e “ungherese” anch’essi meritevoli di apprezzamento e
valorizzazione.
La polenta che si ottiene, cucinata poi seconda la locale tradizione su paiolo in rame e su fuoco lento a
legna, deve essere riversata su un “taier” di legno e come conferito anche dal mais sponcio, deve
mantenere la forma del paiolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La tecnica di coltivazione del mais sponcio, fa quindi riferimento alle tradizionali tecniche maidicole bellunesi,
con la caratterizzazione di una bassa utilizzazioni di mezzi tecnici.
La raccolta è poi effettuata a mano o con macchine spannocchiatici e l’essicazione e conservazione è
tradizionalmente effettuata in spighe, esposte quindi al sole in idonei graticci, solai e poggioli in legno.
Le cariossidi sono macinate secondo la locale tradizione, per l’ottenimento anche di una farina per polenta
dalla grana media (ne troppo fine ne troppo grossolana).
La tradizionale farina con mais sponcio, ottenuta quindi dai piccoli molini tradizionali è proponibile in due
varianti molitorie:
o Farina tipo integrale o semi-integrale, con lavorazione a palmenti a pietra. La farina ottenuta
presenta la quasi totalità delle parti della cariosside e dunque quasi completamente la parte del germe e
del pericarpo in cui si concentrano la maggior parte dei componenti nutritivi. La farina di mais sponcio
integrale appare puntinata di porzioni scure, ricca in oli e grassi vegetali e da origine ad una polenta
definita in termini positivi come “grassa” e altamente nutritiva.
Farina a molitura con “cilindri” in cui sono estratti parte del germe e pericarpo. La farina, porta con sé
tutta la colorazione e pigmenti delle cariossidi, apparendo di un colore aranciato intenso molto
appariscente

Materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
E’ imprescindibile la molitura, con i piccoli molini tradizionali, escludendo impianti industriali.
La motivazione nasce dal dovere di seguire ad “occhio” le varie fasi molitorie e in dal dovere di eseguire
le lavorazioni con ritmi lenti, che non vadano a riscaldare il prodotto, con conseguenti perdite qualitative
per la farina.
La farina ottenuta, è confezionata in sacchi e sacchetti di carta di varia capacità, dai 500 g ai 5 kg.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
In considerazione delle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto e dell’elevata presenza di oli e grassi
vegetali, la conservazione in confronto alle farine per polenta normali in commercio, è molto ridotta, e si
attesta su di un periodo di circa 60 – 75 giorni. La conservazione deve essere effettuata in luogo fresco ed asciutto.                                                                                                                                                        E’ ammesso il confezionamento sottovuoto e inoltre da parte dell’acquirente consumatore finale, la conservazione                                                                                                                                                      con la tecnica del congelamento domestico.

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea
e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
La produzione della farina di mais sponcio è aspetto tradizionale per eccellenza dell’area feltrina.
Recenti studi e ricerche, confluite nel testo “Cereali del Veneto” a cura di Bressan, Magliaretta e Pino
pubblicato con progetto finanziato dalla Regione Veneto, riporta indiscutibili testimonianze della
coltivazione e utilizzazione a scopi alimentari umani della farina in oggetto. Lo stesso studio del Prof.
D. Gazzi riportato nel citato testo, riporta asserzioni sicure dell’esistenza del mais sponcio (citato con
varianti del nome) già nel 1882 da G. Cantoni, nel 1887 dal Bazolle nei suoi testi de “Il possidente
Bellunese”, negli inizi del 1900 all’interno di tabelle tecniche pubblicate da “L’agricoltura Bellunese”
anno III n. 11 1904, fino ad arrivare a dettagliate descrizioni dello Zapparoli nel 1926, e Brandolini nel
1953, i quali riportavano la coltivazione dello sponcio in provincia di Belluno.
I riferimenti tecnici e bibliografici e la consultazione delle tabelle si rimanda al testo “Cereali del
Veneto” a cura di M. Bressan, L. Magliaretta e S.Pino edito in collaborazione con la Regione Veneto.
Nella stessa memoria degli agricoltori locali, è vivo il ricordo del mais sponcio e in particolare gli stessi
ricordano oltre alla alta qualità della farina, le difficoltà della sgranatura a mano derivanti dalla presenza
del rostro nelle cariossidi.
Negli anni cinquanta il mais sponcio è rimasto confinato in aree marginali ma grazie ad alcuni
agricoltori e mugnai locali, è possibile raccogliere germoplasma originale e discretamente preservato da
incroci.

La farina per polenta di mais sponcio è ottenuta secondo la tradizione, attraverso la molitura del mais
sponcio. Il mais sponcio è stato accuratamente e scientificamente descritto in recenti studi e ricerche ed
è citato nel Documento normativo di integrazione (parte XI del D.G.R. 2931 del 3 ottobre 2003) del
P.S.R. delle Regione Veneto, quale varietà particolarmente meritoria di tutela e valorizzazione per le
elevate caratteristiche qualitative.