Fasol de Lago

Fasol de lago un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Treviso

Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati.

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Fasol de Lago

Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
L’area interessata a tale produzione comprende l’intero territorio dei comuni di Cison Valmarino,
Follina, Miane, Revine Lago e Tarzo situati in provincia di Treviso.

Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
E’ identificabile come “Fasol De Lago” il seguente ecotipo: fagiolo tipo cannellino (rampicante),
localmente identificato come “Mama Alta” o “Bonel”. Il fagiolo secco, forma sotto la quale viene
commercializzato, si presenta con foggia piuttosto allungata, leggermente appiattita e con colore che va
dal crema al marrone chiaro uniforme. Di medie dimensioni e ottima resa, viene ricercato per il gusto
delicato e la buccia particolarmente tenera. Ottimo per zuppe, minestre e umidi, è utilizzato nella
preparazione di piatti della tradizione. Le dimensioni medie del seme sono le seguenti: lunghezza di 17,5
mm, grossezza di 0,7 mm, peso del seme secco 0,60 gr, lunghezza del bacello fresco di norma di 12-14
cm e con 6-7 semi. Si tratta di una pianta rampicante con foglie di colore verde intenso, di levatura medio
alta, i cui fiori di colore bianco compaiono attorno ai 20 cm dal suolo a circa 60 giorni dalla semina.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Le tecniche di coltivazione del “Fasol De Lago” sono state stabilite anche tramite disciplinare per
avere buona produzione in termini di quantità e qualità.
In sintesi si propongono le principali tecniche praticate:
Lavori preparatori. Prima della semina deve essere realizzata una attenta e accurata preparazione del
terreno che prevede una aratura preferibilmente autunnale e proporzionale alla pesantezza dei terreni.
Inoltre si procede all’erpicatura, alla fresatura e alla sistemazione del letto di semina provvedendo dove
necessario alla creazione di una rete drenante superficiale.
Forme di allevamento. Sono utilizzate le tradizionali e classiche tecniche locali di coltivazione del
fagiolo rampicante.

Si utilizzano per lo più sistemi di coltivazione in cui i tutori sono rappresentati da sostegni in legno
(bachete) di nocciolo o bambu’, aventi altezza minima di 250 cm e diametro compreso tra 1,5 –3,5 cm.
Gli stessi dovranno essere uniti quattro a quattro in prossimità dell’apice creando un sistema a capanna
che offre ottime garanzie di stabilità. Nel sistema a “filare” possono essere utilizzate delle reti sorrette da
fili di ferro ancorati a robusti pali tutori in legno disposti ad una distanza minima di 15-20 m l’uno
dall’altro.

Semina. La semina è praticata mediamente nella prima quindicina di maggio, utilizzando circa 3-4 semi
per postarella. In alternativa la semina potrà essere effettuata anche a file con distanza sulla fila di 10-15
cm tra seme e seme e distanza tra file di 100-120 cm. In terreni asciutti, per facilitare la germinazione, si
potrà provvedere alla messa a dimora di semi preventivamente messi in acqua per 4-6 ore.
Cure colturali e difesa. Può essere praticata l’irrigazione per evitare alla pianta stress idrici prolungati
soprattutto al momento dell’ingrossamento dei bacelli. La concimazione deve poi essere pratica al fine di
mantenere la fertilità biologica. Si prevede l’apporto di sostanza organica attraverso la distribuzione di
letame maturo (300 q.li/ha) o di altro concime organico certificato, limitando l’apporto di fertilizzanti

chimici ai soli casi di non fertilità evidenziata da analisi chimica del terreno. La difesa fitosanitaria va
modulata a seconda del ciclo fenologico della pianta, dell’andamento climatico stagionale e in base a
modelli previsionali. Per quanto attiene la lotta delle malerbe è vietato l’utilizzo di diserbanti mentre si
può intervenire attraverso ripetute fresature. Per la lotta contro parassiti vegetali è possibile l’intervento
con prodotti chimici a base di rame (idrossido), mentre contro i parassiti animali è ammessa solo nel caso
in cui sia verificata l’effettiva presenza e pericolosità dei parassiti da parte di un tecnico qualificato che
indicherà anche il principio attivo più idoneo e le modalità di utilizzo.
Raccolta e produzione: La raccolta del prodotto secco inizia nel mese di settembre e continua fino ai
primi di novembre, ed è esclusivamente manuale. Il livello produttivo ettaro è stimabile in 40 q.li/ha di
granella secca.

Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento
del prodotto
Terminata la raccolta, al fine di evitare l’infestazione di Tonchio (Acanthoscelides abtectus) deve
essere adottato il sistema fisico della surgelazione del prodotto secco per devitalizzare le uova
eventualmente presenti. La conservazione, una volta asciugato il prodotto, avverrà in luogo fresco ed
asciutto all’interno di locali appositamente adibiti.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Il prodotto viene conferito sgranato, secco, e trattato con il sistema di surgelazione. Apposito
personale provvede a verificare le caratteristiche del prodotto eliminando eventuali semi
danneggiati/colpiti da parassiti vegetali/animali. I semi destinati alla vendita vengono posti in sacchetti in
tessuto traspirante muniti di apposita etichetta. Il confezionamento del prodotto viene eseguito
manualmente.

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera
omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
Il fagiolo ha sempre avuto un ruolo importante nell’alimentazione. I fagioli d’America furono
importati in Europa dagli spagnoli e i loro semi furono donati da papa Clemente VII ad un umanista
bellunese, Piero Valeriano (pseudonimo di Giovanni Pietro Dalle Fosse 1477-1558) affinché ne
diffondesse la coltura. Il Valeriano avviò, a quanto pare tra il 1528-29, la coltivazione nel bellunese (e in
particolare a Lamon e nel Feltrino) da dove si diffuse in tutto il Veneto incrociandosi senz’altro anche
con le specie già presenti formando quelle specie “autoctone”.
Nella Vallata, i fagioli sono documentati fin dal XVIII secolo e sono diventati, nel corso degli anni e dei
secoli, i protagonisti importanti nel pasto degli abitanti salvo poi perdere posizioni ed interesse a favore
di tipologie più voluminose quali borlotti o i bianchi di Spagna senz’altro meno gustosi ma sicuramente
più remunerativi.
Alcuni antichi detti quali “fasoi e fioi”(fagioli e figli) oppure “al fasol l’è la carne dei poareti”(il fagiolo
è la carne dei poveri) la dicono lunga sull’utilità di questo legume. Grazie al loro alto contenuto di
proteine e carboidrati, essi sono stati impiegati come ingrediente base nel rancio abituale dei soldati della
grande guerra.

Il “fasol de Lago” ha avuto la maggiore diffusione nell’ottocento, sino alla metà del secolo scorso e di ciò
si trovano molte testimonianze scritte. Dagli “Atti preparatori del catasto Austriaco” datati 1826 si
ricavano già interessanti notizie sull’economia dei allora due comuni di Revine e di Lago. Infatti per
quanto riguarda Lago si legge: “il prodotto principale è il grano-turco, scarso il prodotto delle canape,
delle uve e del gelso, pochissimo il frumento che giunge appena al peso di libbre 140 per staio…si
raccolgono mediocremente i fagioli. (mediocre significa media). A Revine: “.il prodotto principale è il
grano-turco con faggiuoli. Non è calcolabile il frumento, l’orzo, la segale, ecc.”.

Questi scritti sono da leggere con il beneficio del dubbio, pensando a produzioni senz’altro maggiori a
quelle riportate dai responsabili dei due comuni di allora visto che questi cercavano di denunciare una
minor produzione possibile per pagare allo stato austriaco meno balzelli. Infatti il Tommasi nel suo                                                                                                                                                                               “La comunità di Lago nei secoli” precisa che, ad un successivo controllo delle autorità austriache, risultò
invece una situazione ben diversa da quella denunciata. A riprova di ciò è la grande produzione di
granoturco al quale ricordiamo, al tempo, venivano intercalate le piante di fagioli, che venivano così
nascoste e rese meglio sottraibili ai controlli. Successivamente, nel 1882 Jacopo Rossi, storico, nel suo
“Ricordo della città e del distretto di Vittorio Veneto” così scriveva: “Lago e Revine da dieci anni si
fusero assieme, essendo prima due comuni separati. Maestosa è assai la strada che conduce,
percorrendo questo comune, a Cison, Follina, ecc…specialmente per i diversi panorami presenta la
stupenda Vallata. Anche i due laghi attraggono l’attenzione del passeggero, e sono sufficientemente
provveduti di pesce di qualità…Fra i prodotti del suolo primeggiano la frutta e i fagioli, ecc…Quei
buoni abitanti ne raccolgono una quantità enorme per farne poi traffico con paesi lontani….

Nel 1947 il parroco del tempo, secondo la situazione fondiaria della Parrocchia di Lago percepiva le
seguenti entrate in natura: grano (l. 19.000), patate, fagioli e legna (l. 48.500), frumento (l. 16.000), vino
(l. 51.000), latte (l. 12.000), bozzoli (l. 7.000), burro (l. 4.500). Ciò indica che al tempo la produzione di
fagioli rivestiva una risorsa importate per l’economia del luogo.
La tradizione gastronomica locale continua ancora oggi a esaltare i fagioli nella preparazione di alcuni
piatti tra i quali la “pasta e fasoi”(pasta e fagioli), i “fasoi col lardo”(fagioli con il lardo), i “fasioi co le
coste de porzel”(fagioli con le costicine di maiale), i “fasioi saltadi co la panzeta fumegada”(fagioli
saltati con la pancetta affumicata). Questi piatti accompagnati da una polenta fumante e da un buon
bicchiere di vino rosso ben rappresentano la tradizionale e autentica cucina veneta.

Ottimo per zuppe, minestre e umidi, è utilizzato nella
preparazione di piatti della tradizione