Le fave bellunesi sono un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Belluno
Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Fave bellunesi
Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
La fava nel passato è stata una delle basi dell’alimentazione per i contadini bellunesi. Tale prodotto ora è coltivato
per lo più in orti familiari e in appezzamenti, maggiormente localizzati nelle aree dolomitiche bellunesi più
interne identificabili nell’Alto Cordevole, nello Zoldano, nella Val Fiorentina e nell’Ampezzano.
Di recente, alcuni produttori attenti alle tradizioni stanno riproponendo la coltivazione di questa speciale e
caratteristica leguminosa.
Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
Le Fave Bellunesi appartengono alla famiglia delle Leguminose, Genere Vicia, Specie Vicia Faba, alla Varietà
Fava tipo Major e, nella fattispecie, ad una popolazione o ecotipo definito bellunese.
L’ecotipo in questione è stato recentemente caratterizzato dal punto di vista botanico con apposito studio
rendendo disponibili una serie di dati ben definiti, di seguito succintamente esposti:
Aspetti biologici e vegetativi: pianta annuale a sviluppo semi-determinato, germinazione del seme ipogea,
portamento eretto a tendenza procombente, altezza della pianta a maturazione dai 70 ai 100 cm;
Descrizione della pianta: apparato radicale fittonante e medio profondo, stelo erbaceo rigido, fistoloso e a sezione
tetragona con evidenti spigoli, presenta talvolta una ramificazione basale scendente. Foglie alterne, paripennate,
ellittico-ovali, mucronate a margine intero e penninervie, costituite da 2 a 7 foglioline, di colore verde opaco e
glabre. Il fiore è rappresentato da un racemo ascellare di colore bianco con leggere sfumature violacee, le ali
hanno ampie macchie nere e marroni scuro frastagliate. Il frutto e un classico baccello a 2 valve, della lunghezza
di circa 5 cm, di colore verde intenso allo stato fresco e bruno scuro alla stato secco. Contiene da 2 a 4 semi, di
forma ovale o leggermente quadrangolare, appiattito irregolarmente. E’ di colore variabile e non omogeneo
(beige, nocciola, marrone, e violetto) e senza venature o screziature, del peso di circa 120 g/1000 semi.
Per una dettagliata descrizione botanica della pianta si rimanda alla scheda allegata che sarà pubblicata nella
primavera 2006 dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi nel libro “Biodiversità coltivata nel Parco
Nazionale delle Dolomiti Bellunesi”.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La tecnica colturale della Fava Bellunese è molto semplice e richiama le antiche tradizioni. La semina si effettua
in primavera a file semplici o binate; sono praticate modeste concimazioni organiche e, se necessario, minerali,
mentre sono indispensabili scerbature e/o sarchiature nell’interfila. Durante il ciclo vegetativo non sono di norma
previsti trattamenti antiparassitari particolari, se non in caso di specifici attacchi fungini e parassitari provocati da
Muffa grigia, Ruggine, Peronospora e Afidi. La raccolta è effettuata di norma entro la prima decade di settembre.
La tradizione prevede di mietere le piante a mano, legare le stesse a mannelli e porle ad essiccare in apposite
strutture in legno definite faver. I faver, erano un tempo caratteristiche strutture in legno, soprattutto dell’alta
montagna bellunese, anche di grandi dimensioni (dai 7 ai 12 metri di altezza) che sorgevano in genere a fianco dei
fienili. Ora questi faver tradizionali sono pressoché scomparsi e l’essiccazione è dunque effettuata appendendo i mazzi di piante di fave ai poggioli dei finili. Una volta essiccate piante e baccelli, queste vengono quindi portate nell’aia o
all’interno del granaio (tabià) per la battitura con un apposito correggiato. Da tale operazione si ottengono i semi
della fava utili a scopo alimentare, mentre le restanti parti sono poi destinate all’alimentazione zootecnica.
Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi in collaborazione con il Museo Etnografico della Provincia di
Belluno e IPSAA “A. Della Lucia” di Feltre si sono occupati quindi di questo prodotto con il progetto P.O.R. Leader
Plus – Piano di Azione Locale – GAL Prealpi e Dolomiti Bellunesi, ed in particolare con l’Azione 3 –
Promozione dell’identità culturale e locale. In tale studio si è raccolto inoltre materiale riguardante la caratterizzazione
botanica e agronomica della Fava Bellunese. (Anno 2005).
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
I semi delle fave essiccate, non subiscono poi nessun altro trattamento e se conservati in luogo arieggiato e secco
restano inalterati per parecchi mesi.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
I locali utilizzati servono quindi per l’essiccazione.
Esistono quindi numerosi scritti inerenti l’utilizzazione della fava nell’alimentazione umana. Citiamo solo i principali
utilizzi senza soffermarci nelle singole procedure, le quali sono disponibili nel libro quaderno n° 5 – “Fava, patata,
fagiolo, papavero: sistemi e tecniche tradizionali di coltivazione e di utilizzazione nel bellunese” a cura di Daniela
Perco – Comunità Montana Feltrina e Centro per la Documentazione della coltura popolare:
minestra di fave;
semi di fava arrostita;
fave lassate;
poi farinata di fave, latte, burro e orzo;
quindi pane di fava, segale e orzo
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
La coltivazione delle fave nell’area dolomitica bellunese ed il suo utilizzo, quindi sottoforma di prodotto decorticato,
vantano una salda e comprovata tradizione secolare.
Numerose sono poi le citazioni in testi, libri e riviste sia dal punto di vista storico che culinario ed altrettanto
importante è la documentazione fotografica e la ricerca etnobotanica.
Fra i testi merita quindi di essere citato il quaderno n° 5 -“Fava, patata, fagiolo, papavero: sistemi e tecniche tradizionali
di coltivazione e di utilizzazione nel bellunese” a cura di Daniela Perco (Comunità Montana Feltrina e Centro per
la Documentazione della coltura popolare). In esso sono dunque riportate, in appositi capitoli, decine di citazioni di storici
e interviste, che testimoniano poi la presenza secolare della coltivazione della fava nel bellunese.
Altro testo importante, di prossima pubblicazione, è “Biodiversità coltivata nel Parco Nazionale delle Dolomiti
Bellunesi” redatto dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi:, in cui è inoltre riportata un’indagine etnobotanica
completa, con riferimento specifico alle fave bellunesi.
Sono importanti inoltre i dati dell’Enciclopedia Agraria Italiana, Ramo Editoriale degli Agricoltori (Roma 1960,
Volume IV EST-FRUM, pag. 400), dove, nella tabella I, vengono allora riportate le superfici e produzioni della fava in
Italia negli anni 1956 e 1957: l’unica realtà produttiva in Veneto coincide quindi con la Provincia di Belluno con una
superficie coltivata, nel 1956, di 14 ettari e poi con una produzione totale di 300 q. di prodotto secco.
La fava nel passato è stata una delle basi dell’alimentazione per i contadini bellunesi. Tale prodotto ora è coltivato
per lo più in orti familiari e in appezzamenti, maggiormente localizzati nelle aree dolomitiche bellunesi più
interne identificabili nell’Alto Cordevole, nello Zoldano, nella Val Fiorentina e nell’Ampezzano.
Di recente, alcuni produttori attenti alle tradizioni stanno riproponendo la coltivazione di questa speciale e
caratteristica leguminosa.