Gambero di fiume della Venezia Orientale: una pesca antica
Categoria
Preparazione di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Gambero di fiume della Venezia Orientale
Territorio interessato alla produzione
Tutto il territorio della Venezia orientale, con particolare riferimento ai Comuni di Annone Veneto, Caorle,
Ceggia, Cinto Caomaggiore, Concordia Sagittaria, Eraclea, Fossalta di Portogruaro, Gruaro, Noventa di
Piave, Portogruaro, Pramaggiore, S. Donà di Piave, S. Michele al Tagliamento, San Stino di Livenza, Teglio
Veneto, Torre di Mosto (provincia di Venezia), Cessalto, Chiarano, Cimadolmo, Fontanelle, Gorgo al
Monticano, Mansuè, Maserada, Meduna di Livenza, Motta di Livenza, Oderzo, Ormelle, Ponte di Piave,
Portobuffolè, S. Polo di Piave, Salgareda (provincia di Treviso).
Descrizione sintetica del prodotto
Trattasi infatti di gamberi d’acqua dolce autoctoni un tempo diffusi e pescati con particolari nasse costruite in vimini
intrecciato innescate con pesce; oggi in via d’estinzione e perciò tutelati da specifica normativa regionale.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Il Gambero di fiume della Venezia Orientale si alleva artigianalmente a partire da esemplari locali catturati con
apposita autorizzazione, ed è quindi utilizzato vivo per il ripopolamento, o poi commercializzato per il
consumo diretto dentro apposite cassette refrigerato con scaglie di ghiaccio.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione ed il condizionamento del
prodotto
L’allevamento del gambero di fiume, tuttora presente seppur su scala artigianale è tuttora realizzato con
tipologie totalmente naturali, utilizzando vasche con argini e fondale in terra, costruite quasi sempre in aree
limitrofe ai luoghi di pesca sui circostanti fiumi.
Gli animali stabulati, dopo una permanenza di almeno una settimana, in parte sono destinati alla vendita, in
parte trattenuti per le successive fasi di allevamento.
In quest’ultimo caso, i soggetti sessualmente maturi, sono perciò allevati in ragione di non più di 10 /m2.
Le vasche di allevamento sono inoltre preventivamente preparate piantumandone il fondo con le tipiche essenze
vegetali prelevate dalle aree naturali dove, in breve, s’insediano tutti quegli organismi acquatici micro e
macroscopici che costituiscono infatti l’alimento principale dei gamberi.
Il parco riproduttori prevede una sex ratio di 2:1 in favore delle femmine.
Tutti gli animali trattenuti, seppur in cattività, sono allevati ed alimentati con tecniche rigorosamente naturali
senza l’ausilio di alcun alimento artificiale e senza utilizzo di presidi sanitari.
L’allevamento, inteso anche come “coltivazione” naturale del prodotto, viene perciò attuato in condizioni di
estensivo naturale (in fiume) e semi estensivo integrato (in vasca). In quest’ultimo caso, tutto il ciclo
biologico è svolto con metodi tradizionali che, basandosi su un carico di animali per unità di superficie
estremamente ridotto, comporta l’assenza di ogni imput energetico e inquinante. Questa specie infatti per le
sue specifiche caratteristiche biologiche, è in grado di convertire l’alimento naturale in carne senza la
produzione di particolari e dannosi cataboliti.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Nessun locale particolare.
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Il gambero d’acqua dolce rappresenta senz’altro uno dei componenti di quella cultura popolare oggi
purtroppo in via di progressivo dissolvimento.
L’animale è assai noto da tempo immemorabile, diventando l’oggetto di una ricca iconografia entrata pure
nella letteratura e nel folklore nazionale ed internazionale.
La pesca tradizionale del gambero, il suo allevamento ed il relativo consumo alimentare, rappresenta un
metodo di organizzazione produttiva dell’ecosistema fluviale che in Veneto può essere fatto risalire alla metà
dell’800. Notizie sull’argomento si possono infatti rinvenire in molti scritti dell’epoca, tra i quali
probabilmente i più significativi sono quelli pubblicati e riportati nell’opera del Brehm, “Animali”, Vol X
(1907). In una nota riguardante i gamberi d’acqua dolce qui si legge che:” In Italia questo importante sussidio
alla pubblica alimentazione è venuto a scemare grandemente e in qualche parte anche a mancare del tutto in
questi ultimi tempi. In tutta la valle del Po, da Torino a Venezia, dal mezzo del secolo 19° in poi, si è
manifestata una grande moria di gamberi. Nella Lombardia e nel Veneto la cosa fu studiata diligentemente
da naturalisti valentissimi, come Emilio Cornalina, Paolo Panceri, Alessandro Ninni. Quest’ultimo trattò più
esattamente l’argomento riferendosi principalmente alle province venete. Una sua memoria sulla mortalità
dei gamberi venne letta all’Istituto Veneto nella seduta del 9 giugno 1865 e pubblicata nel volume X. Serie III
degli Atti di quell’istituto.”
Sempre in quell’epoca (1885), il Ninni trattò dell’allevamento artificiale del gambero di fiume, illustrandone
pure le tecniche, a conferma che questa attività era già in uso. In una lettera al dott. G.B. Zara di Torino a tal
proposito si può leggere: “le uova di gamberi si ponno acquistare in Germania a prezzi che si aggirano
intorno a £. 25 il mille, ma richiedonsi almeno tre o quattro anni perché i neonati raggiungano le dimensioni
normali, da soddisfare le esigenze del commercio”.
Sempre nel Veneto altre testimonianze sull’argomento e sul consumo di gamberi d’acqua dolce si rinvengono
addirittura in dipinti sacri conservati in alcune chiese. Scrive uno degli studiosi su questo fenomeno, C.
Comel, docente di Storia e Filosofia all’Università UILM di Feltre: “Questo animale ha per la simbologia
cristiana un preciso significato legato alla resurrezione, in quanto cambia stagionalmente le spoglie; sempre
il gambero poi simboleggia pure l’inizio della fine”, il presagio della morte e della dissoluzione, entra il
quadro del ciclico ritorno del tempo e delle stagioni e, quindi, della vita “.
Una delle opere più pregevoli sull’argomento a testimonianza della tradizionalità del prodotto nell’area
considerata, è quella della Cena affrescata nel 1466 nella Chiesa di S. Giorgio di San Polo di Piave (allegato),
attribuita al pittore feltrino Giovanni di Francia interpretata dai critici come presagio del congedo di Cristo e
della prossima Resurrezione. In tutti questi casi, nel tema iconografico dell’Ultima cena è ricorrente la
singolare raffigurazione simbolica dei gamberi di fiume. Reperti di Ultime Cene con questi animali sulla
mensa, continuano ad affiorare sulle pareti di numerose altre chiese della zona e sono tuttora oggetto di
attenzione da parte di numerosi studiosi anche stranieri.
Sempre a S. Polo di Piave inoltre da ben quattro generazioni la famiglia Zanotto gestisce il noto ristorante
“Gambrinus”, che avviato nel 1854 è rinomato proprio per i suoi piatti a base di gambero di fiume.
Il gambero d’acqua dolce rappresenta senz’altro uno dei componenti di quella cultura popolare oggi
purtroppo in via di progressivo dissolvimento.
L’animale è assai noto da tempo immemorabile, diventando l’oggetto di una ricca iconografia entrata pure
nella letteratura e nel folklore nazionale ed internazionale.
La pesca tradizionale del gambero, il suo allevamento ed il relativo consumo alimentare, rappresenta un
metodo di organizzazione produttiva dell’ecosistema fluviale che in Veneto può essere fatto risalire alla metà
dell’800.