Patata di Cesiomaggiore

La patata di Cesiomaggiore è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto tipico della provincia di Belluno

Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Patata di Cesiomaggiore

Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
La Patata di Cesiomaggiore fa riferimento ad un’area geografica di produzione ben definita, che trova il nucleo di
diffusione e promozione nel territorio del Comune di Cesiomaggiore in Provincia di Belluno, zona in cui ha
incontrato la maggiore vocazionalità.
L’area di produzione è estesa anche ai comuni confinanti e contigui, nei quali si rispecchiano omogenee
caratteristiche pedo-climatiche e socio-culturali, nonché la comune appartenenza all’area pre-parco, zona sud, del
Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Nello specifico i Comuni interessati alla produzione sono dunque: Cesiomaggiore, Feltre, Pedavena, Santa
Giustina Bellunese, San Gregorio nelle Alpi.
Esiste già uno specifico disciplinare di produzione che fa capo ad un organizzato gruppo di pataticoltori, sorti in
seno alla Cooperativa Agricola “La Fiorita” di Cesiomaggiore.

Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
Con la definizione di “Patata di Cesiomaggiore”, si fa riferimento ad una specifica area di produzione, ad una
consolidata tradizione nella tecnica di coltivazione e ad un utilizzo di ben precise e tradizionali varietà di patata.
In questo contesto, secondo una logica di marketing, agli inizi degli anni settanta si mise in secondo piano il nome
delle varietà per proporre un marchio legato alla zona di coltivazione, così come successe per il Fagiolo di Lamon.
I fattori qualitativi della Patata di Cesiomaggiore sono strettamente legati a particolari fattori: l’ambiente di
coltivazione montano (tra i 350 e 600 metri di altitudine), l’ottima esposizione a sud dei terreni, una buona
frequenza e distribuzione delle piogge, l’ottima disponibilità d’acqua nei terreni nonché la fertilità e naturalità
degli stessi, l’adeguata ventilazione, l’assenza di nebbie e elevata umidità atmosferica (particolari escursioni
termiche giornaliere) influiscono notevolmente sulle caratteristiche chimico-nutrizionali ed organolettiche. Le
stesse tecniche di coltivazione, proprie dell’agricoltura integrata e biologica, portano ad avere un prodotto
particolarmente ricco in sostanza secca, elemento caratterizzante la qualità della patata di Cesiomaggiore. Tale
elemento è stato oggettivamente rilevato da studi recenti compiuti da Tecnici della Regione Veneto nei laboratori
di analisi di Thiene.

Le varietà che vanno a costituire il nucleo fondante della “Patata di Cesiomaggiore” sono quelle tradizionali e
conosciute da oltre 70 anni nella zona. Si citano di seguito quelle maggiormente coltivate ed apprezzate:
 Varietà Majestic: è la tradizionalissima varietà giunta nell’area ancora nella metà del secolo scorso, semitardiva.
La pianta presenta steli poco numerosi, poco procombenti, tuberi di pezzatura uniforme, un po’
falcati, buccia giallo chiara e liscia e occhi superficiali. La pasta è di colore bianco, alquanto farinosa e
ricca in sostanza secca. Classificata in tipologia C, è ottima per gnocchi, purè, insalata, minestroni ed è
adatta ad essere conservata.
 Varietà Bintje: altra tradizionale varietà importata in zona ancora nella metà del secolo scorso, è semiprecoce,
con steli poco numerosi robusti e forti, tuberi grossi e di buona forma, lungovali, buccia giallo chiara e occhi alquanto superficiali.                                                                                                                              La pasta è di colore giallo chiaro, con contenuto discreto di sostanza
secca. Classificata in tipologia C, può essere preparata al forno, gratinata o fritta.
 Varietà Corneta: altra antica varietà tradizionale veneta, molto diffusa e molto apprezzata dalle
popolazioni locali. Le sue caratteristiche si esprimono al meglio nei locali terreni montani e si caratterizza
per la forma del tubero a cornetto, di piccole dimensioni, allungata e ricurva. La pasta è di colore giallo
paglierino, con pasta a granulazione fine, soda e morbida al contempo. Buono il contenuto in sostanza
secca. Le sue caratteristiche, anche di comportamento in cottura, la rendono insuperabile accompagnata a
spezzatini e arrosti.
 Varietà Rafaiosa: si tratta di una originalissima e particolare varietà o eco-tipo di patata, coltivata nella
Val Belluna che ha preso il nome dialettale locale e che richiama la caratteristica della pelle delle mani
screpolate e ruvide. Sono in atto importanti studi di caratterizzazione da parte dell’Istituto Agrario IPSAA
di Feltre in collaborazione con il Centro di Sperimentazione Agraria “N. Strampelli” di Lonigo (VI).
Patata a maturazione medio-precoce, a pasta gialla, con buon contenuto in sostanza secca.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
L’attuale coltivazione fa riferimento a tecniche tradizionali, che sono state codificate con specifico disciplinare di
produzione e che prevedono: l’utilizzo di opportune rotazioni colturali, abbondanti fertilizzazioni a base di letame,
ripetute operazioni di sarchiatura e rincalzatura, il divieto di trattamenti con erbicidi di sintesi chimica, il divieto
dell’utilizzo di insetticidi chimici a favore utilizzazione del Bacillus Thurigiensis e, nella raccolta e
conservazione, il divieto di impiego di prodotti chimici. Alcune varietà, coltivate nella zona da oltre cinquan’anni,
(Corneta, Rafaiosa, Majestic, Kennebec, Desireée, Bintje) sono ancora oggi utilizzate. Recentemente i locali
produttori della Patata di Cesiomaggiore, riuniti in gruppo, hanno proposto la denominazione “La Patata di
Cesiomaggiore” e creato un apposito logo, rappresentato da un cesto colmo di patate. Alla fine di agosto, da
oramai sei anni, è stata organizzato a Cesiomaggiore uno specifico evento per la promozione della patata,
denominato “Festa Provinciale della Patata di Cesiomaggiore”, dove vengono presentati ricchi piatti della cucina
tradizionale a base di patate.

Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Dopo la raccolta, la patata di Cesiomaggiore non subisce alcun tipo di condizionamento particolare, se non
l’accurata pulizia da terra e residui di vegetazione.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Importanza rilevante riveste la temperatura di conservazione della patata, infatti questa non dovrà scendere al di
sotto dei 5°C, oltre la quale la polpa subisce gravi e compromettenti cambiamenti. Null’altro e previsto per la
conservazione e stagionatura.
La patata di Cesiomaggiore è infatti prodotta da centinaia di piccoli produttori. Molti di essi conservano i tuberi nei loro
personali locali-cantina come da antica tradizione, mentre i produttori più organizzati e riuniti in gruppo,
gestiscono piccole celle-frigo, che riproducono le condizioni tradizionali con il vantaggio di ottimizzare però la
logistica generale durante le fasi di vendita.

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
L’indagine storica è stata redatta dal Prof. Daniele Gazzi, storico ed esperto tradizioni rurali bellunesi.
La storia della patata dalla fine dell’800 agli inizi del XIX secolo è caratterizzata da:

a) pressioni padronali ad estendere tale coltura, che avrebbe comportato la riduzione della superficie coltivata a
granoturco;
b) sperimentazioni da parte degli organismi più attenti agli aspetti tecnici delle coltivazioni, poi come la Cattedra
Ambulante di Agricoltura prima e l’Ispettorato dell’Agricoltura dal 1935;

c) impulsi di natura ideologica, legati alla politica autarchica del regime fascista, che miravano poi allo sviluppo
della produzione di patate da seme e all’incremento della produzione nazionale con patate di “gran reddito”
(non importa se straniere).

Sono proprio quindi le prime sperimentazioni condotte dalle Cattedre Ambulanti di Feltre e di Belluno ad indicare, oltre
alle zone della montagna bellunese, delle possibili aree per la coltivazione della patata da produzione: zone vicine
ai centri urbani di Belluno e di Feltre, rispettivamente Ponte nelle Alpi e Cesiomaggiore.
Nelle sperimentazioni, condotte nel 1910, la patata precoce Valenzana si rivelò molto redditiva, con una media
provinciale di 176,86 q per ettaro, con un massimo di 322 q a Ponte nelle Alpi e di 202,40 q a Cesio Maggiore1.
La patata cadorina nello stesso anno aveva fornito una produzione di 207 q per ettaro2: dati significativi, che
individuano nel Cadore, con una marcata vocazione per la patata da semina, e a Cesiomaggiore aree privilegiate
per la coltivazione della patata.

La diffusione della patata, al pari di altre colture, partì inizialmente “dal basso”, ovvero con varietà importate al
seguito degli emigranti di ritorno e dunque estremamente diversificate. L’esperienza di coltivazione produsse una
prima selezione locale, con un tipizzazione di varietà che presero il nome dalle zone di produzione. Quando
l’attenzione padronale si rivolse a questa solanacea – interesse motivato dal porre un freno alla pervasiva coltura
del granoturco – si cominciarono a fare confronti tra le varietà locali e quelle più diffuse in altri stati europei, dove
la coltivazione della patata, di più lunga data, aveva selezionato varietà maggiormente produttive, dette di “gran
reddito”3: è questa l’origine di sperimentazioni trentennali, dai primi del ’900 agli anni trenta, volte ad introdurre
nel Bellunese varietà come Imperator, Simson, Blaue Reisen, Preziosa4, Alma, Fiocco di Neve, Juli, Ragis 10,
Gelkragis5.

Ad imprimere una svolta a queste sperimentazioni contribuì, come già citato, la politica autarchica del fascismo
che, allo scopo di ridurre la dipendenza dall’approvvigionamento estero, considerava importante la coltivazione
della patata: “Se la patata nostrana verrà sottoposta ad un lavoro selettivo, potrà in breve diventare una varietà di
alto reddito ed imporsi sulle varietà straniere che ora invadono il mercato italiano”6.
Nel 1964, periodo appena seguente la liberalizzazione economica promossa anche in agricoltura dall’ingresso
dell’Italia nel MEC, per affrontare quindi la ristrutturazione dei settori agricoli tradizionali e configurare un’agricoltura
moderna, l’Ispettorato Agrario Provinciale di Belluno raccomandava inoltre di diversificare le colture e, a proposito della
coltivazione della patata, si invitavano gli agricoltori a impiegare poi semente “selezionata” proveniente dai centri di
moltiplicazione. Seminare patate di dubbia provenienza, senza nome o quasi, come era pratica diffusa, significava
infatti non solo ottenere un raccolto poco abbondante, ma anche quindi di difficile smercio: nei processi di produzione e
di scambio richiesti dalla nuova integrazione europea, risultava inoltre fondamentale riuscire ad immettere sul mercato
merce sana e di varietà molto note (Tonda di Berlino, Majestic)7.

La raccomandazione fu poi raccolta nel decennio successivo dalla Cooperativa “La Fiorita” di Cesiomaggiore (1977)
la quale mise in secondo piano il nome delle varietà per proporre quindi un marchio legato alla zona di coltivazione. Così
come i fagioli Calonega, Spagnolìt, Spagnoli e Canalini o Furianoi furono accorpati, seguendo una moderna
strategia di marketing richiamata dal nuovo contesto europeo, nel logo “Fagioli di Lamon”, altrettanto avvenne
per le patate Cornete, Tonda di Berlino, Majestic, Kennebec, Desirèe ecc. la cui produzione venne indicata con il
marchio “Patata di Cesiomaggiore”. Fu quindi una scelta di natura commerciale che assecondava tuttavia una consuetudine culturale:                                                                                                            tradizionalmente infatti nella provincia bellunese le patate venivano inoltre indicate con il
riferimento all’area di produzione: la patata cadorina, poi agordina, infinezoldana.

Era anche una scelta che assecondava poi le logiche di potenziamento della coltivazione auspicata dall’Istituto
“Strampelli” di Lonigo: le produzioni di patate in montagna “per sopravvivere dovranno specializzarsi sotto
l’aspetto qualitativo in modo da costituire dei prodotti tipici pregiati, contraddistinti da un marchio di
provenienza”9.
La “Patata di Cesiomaggiore” dunque ben si adattava sia quindi alla vocazionalità del territorio sia alla coltivazione di
varietà di “gran rendita”.
Da poche decine di quintali di tuberi seme certificati della fine degli anni settanta, la Cooperativa Agricola “La
Fiorita” ha distribuito ai propri associati 58 q. nel 1991, 74 q. nel 1996, 132 q. nel 2001 e 182 q. nel 2005. Oggi si
contano oltre 100 piccoli produttori e circa 25 pataticoltori non professionisti, che si sono riuniti in gruppo e
propongono e promuovono il famoso tubero in maniera organizzata.

Altre note:

 Per quanto riguarda le testimonianze storiche scritte possiamo inoltre proporre l’interessante documento,
ultimo atto ricognitivo statistico della burocrazia austriaca del lombardo-veneto: nella “Carta Guernieri-
Seifert” del 1866 è evidente che nel territorio di Cesiomaggiore (Cesio) la produzione di patate
raggiungeva 1008 quintali metrici, rappresentando una importante risorsa per la zona.
 Nel libro “Cesiomaggiore – Identità e storia di una comunità locale” si fa spesso riferimento alla
coltivazione della patata a Cesiomaggiore; in particolare appare interessante quanto scrisse il Parroco
della frazione di Pez di Cesiomaggiore il 29 dicembre 1918, lamentando le “distinzioni ladresche” dei
soldati e ufficiali delle truppe di occupazione, che facevano razzia di prodotti agricoli e in particolare di
patate. Interessante e meritevole di citazione è anche la tabella che appare nello stesso libro, in cui si
evidenziano le produzioni di patate a Cesiomaggiore, che nell’anno 1939 ammontavano a ben 1.575 q.
8 Archivio

1 Relazione di Luigi Alpago Novello a Sua Eccellenza il Ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio, in “L’Agricoltura Bellunese”,
IX, n. 9-10, settembre ottobre 1910.
2 Relazione di Luigi Alpago Novello a Sua Eccellenza il Ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio, in “L’Agricoltura Bellunese”,
XIII, n. 8, agosto 1914. p. 11.
3 Garelli Alessandro, Le patate di gran reddito, Torino 1896.
4 Sono le varietà che la Cattedra si propone di studiare, le stesse suggerite a p. 33 da Alessandro Garelli.
5Nuove varietà di patate alla prova, in“ L’Agricoltura Bellunese”, XXVII, n. 5, 15 marzo 1931. La varietà Juli era stata sperimentata nel
1928.
6 La patata cit., p. 86.
11 “Cesiomaggiore – Identità e storia di una comunità locale” – isbrec – a cura di Agostino Amantia -2002
12 “Carta Guernieri-Seifert – 1866
7 Le foraggere e la patata. Nota del Consorzio Agrario Provinciale, in “L’Agricoltura Bellunese”, XV n. 4, 1 aprile 1964.

Archivio di Stato di Belluno, Fondo U.P.S.E.A., busta n. 532.
9 Silvio Giuliari, La coltura della patata, in “Mondo rurale veneto”, IV n. 9, dicembre 1978, pp.25-26.

La Patata di Cesiomaggiore fa riferimento ad un’area geografica di produzione ben definita, che trova il nucleo di
diffusione e promozione nel territorio del Comune di Cesiomaggiore in Provincia di Belluno, zona in cui ha
incontrato la maggiore vocazionalità.