Sopa coada

Sópa coàda: l’orgoglio trevigiano

Categoria
Prodotti della gastronomia

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Sópa coàda

Territorio interessato alla produzione
Provincia di Treviso.

Descrizione sintetica del prodotto
La Sópa coàda è una pietanza tipica della cucina trevigiana. Si tratta infatti di un pasticcio di piccione dalla consistenza                                                                                                                                      piuttosto asciutta, tanto che talvolta viene accompagnato da una tazza di brodo bollente da consumare a parte o da
versarvi sopra. La ricetta (di cui però esistono numerose varianti) prevede di alternare in una teglia strati
di pane raffermo e intriso di brodo a strati di carne di piccione disossata, stufata e ridotta in pezzetti. Il
tutto viene poi trasferito in forno per un paio d’ore. Può essere abbinata a del vino rosso asciutto, come
il Piave merlot. Un’alternativa diffusa nella zona di Motta di Livenza impiega infine carni di pollastra.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La ricetta tradizionale della Sópa coàda
A persona: un piccione novello, un “montasù” fresco e croccante, due cucchiai di parmigiano grattugiato,
una tazza di brodo ristretto, fiocchetti di burro a piacere, un pizzico di sale, olio, burro, un cuore di sedano.
Mondare i piccioni e tagliarli in quarti, farli rosolare in olio e burro con un trito di sedano e un pizzico di
sale. Debbono cuocere lentamente con coperchio in modo che esprimano tutto il loro umore.
Come siano tepidi disossarli accuratamente e far bollire per cinque minuti le ossa superstiti con il brodo.
Tagliare i montasù a fettine alte un centimetro e disporne uno strato in una tortiera imburrata
abbondantemente. Irrorare le fette con una parte del brodo in cui avrete fatto sobbollire le ossa che avrete
filtrato. Cospargere le fette di pane inzuppato con il parmigiano. Disporre sopra questo una parte dei
colombini disossati e ridotti a pezzetti, quindi altro pane e così via, sino a che vi siano ingredienti. Finire con
il pane. Di solito si prepara tale zuppa con tre strati di pane e due di colombini. Nei forni delle cucine
economiche di una volta, a legna, la cottura poteva durare quattro e anche cinque ore; al giorno d’oggi, nel
foro a gas, bastano anche solo due ore. In questa ricetta il brodo viene aggiunto poi, ancora un mestolino
alla volta, di venti minuti in venti minuti. E’ chiaro che alla fine zuppa non è, ma un vero e proprio pasticcio
di pane e piccione, da servire caldissimo, nello stesso recipiente di cottura, come piatto unico.Di pepe non
si parla, ma taluno ce ne mette un pizzichino, magari sul proprio piatto e secondo il proprio gusto.

Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione ed il condizionamento del
prodotto
Normali attrezzature da cucina.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Se il prodotto viene preparato per la propria produzione domestica il locale di lavorazione è la cucina
oppure una cucina professionale della ristorazione. Il piatto viene preparato in una cucina professionale della ristorazione;                                                                                                                                  pertanto, si useranno tutte le tecniche e gli accorgimenti seguendo le linee guida dell’HACCP.
Per quanto riguarda la conservazione: la Sópa coàda va conservata in frigorifero per qualche giorno, in un
contenitore ermeticamente chiuso.
Si consiglia il consumo trascorsi 2-3 giorni.
Per ottenere un prodotto eccellente le materie prime devono essere fresche. È possibile trovare questo
prodotto già pronto nei negozi specializzati, nelle enogastronomie di Treviso e provincia, e in eventi
enogastronomici tradizionali e ristoranti tipici del territorio.

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
L’appellativo coàda (“covata”) non è facilmente spiegabile: secondo alcuni si riferisce al lungo tempo di
cottura che, almeno con i metodi di una volta, poteva protrarsi sino a quattro o cinque ore; altri, dandogli
l’accezione di “nascosta”, credono alluda alla carne coperta dagli strati di pane.
L’origine della sopa coada non è molto chiara e i primi riferimenti, riscontrabili nelle vecchie liste delle
vivande servite nelle osterie di Treviso, compaiono solo dopo l’Unità d’Italia. L’usanza di preparare zuppe a
base di carne di piccione è certamente molto antica, come testimoniato sin dal Rinascimento da numerosi
ricettari (Cristoforo di Messisbugo, Bartolomeo Scappi, Bartolomeo Stefani). Inoltre, non si può escludere
un collegamento con la suppa quata, una pietanza analoga tipica della Gallura.
Nel primo Novecento il piatto raggiunse l’apice del successo e particolarmente note erano le versioni
servite nelle trattorie “Boschiero” e “Goba dele Sciatiche”. La lunga preparazione e la difficoltà nel disporre
sempre di colombi giovani imponevano di ordinare con un certo anticipo il piatto; ciò non scoraggiava
nemmeno i clienti più lontani che erano disposti ad intraprendere due viaggi (l’uno per l’ordinazione, l’altro
per il consumo) pur di degustare la leccornia.
Decaduta nel secondo dopoguerra, è stata in seguito rivalorizzata grazie a Giuseppe Maffioli che recuperò
la storica ricetta di Boschiero per diffonderla ai ristoranti della Marca. In tempi più recenti la delegazione
trevigiana dell’Accademia italiana della cucina ha provveduto a depositare il testo presso un notaio.

 

È una pietanza tipica della cucina trevigiana. Si tratta di un pasticcio di piccione dalla consistenza piuttosto
asciutta, tanto che talvolta viene accompagnato da una tazza di brodo bollente da consumare a parte o da
versarvi sopra.