Torta pinza-putana un dolce povero ma ricchissimo
Categoria
Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Torta pinza-putana
Territorio interessato alla produzione
La pinza può essere di due tipi: la Pinza lievitata, prodotta prevalentemente nel territorio della Sinistra Piave
della provincia di Treviso, nelle zone attorno ai comuni di Vittorio Veneto, Conegliano, ecc.; la Pinza non
lievitata più diffusa nella zona di Treviso e nella zona della destra Piave ma prodotto anche nelle altre zone.
Molto diffusa è anche a Venezia e nei comuni della provincia, in particolare nelle zone di campagna.
In provincia di Vicenza nei comuni di Arzignano, Chiampo, Altissimo.
Descrizione sintetica del prodotto
Dolce povero a forma rettangolare o quadrata, molto condito ed aromatizzato, servito a pezzi, prodotto anche
con farina di granoturco oppure farina di grano tenero 00, zucchero, uova, fichi secchi, uva passa, nocciole,
noci o i più preziosi pinoli, semi di finocchio, sale, burro, lievito, volte grappa per macerare l’uva passa. Nella
ricetta casalinga viene utilizzato anche pane vecchio, lasciato ammorbidire nel latte.
In provincia di Vicenza, la Torta vilàna o Torta de pàn che si prepara ad Arzignano e a Chiampo, similmente
alla Casalìna di Altissimo, rende ancor più saporito e nutriente la ricetta base della Putàna, aggiungendo
ingredienti della cucina povera, come il pane raffermo, inzuppato nel latte o nel vino bianco. Le ricette di
quest’area prevedono inoltre di mischiare ingredienti quali i ciccioli ed il miele o la melassa.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
In un paiolo si fa scaldare latte, eventualmente con una quota di acqua, con qualche foglia di alloro o altri
aromi di gradazione “calda” (cannella, anice, ecc.). Si mescolano farina bianca con metà quantità di gialla, e
quando il liquido bolle si versano le farine a pioggia continuando a rimestare perchè non si formino grumi,
come per fare la polenta. La cottura delle farine non dev’essere completata: i conoscitori della ricetta
originaria parlano di scottare (broàre) la farina al massimo per mezz’ora.
Quando la polentina ha comunque assunto una certa consistenza, si aggiungono burro,strutto, zucchero e poco
sale, e la frutta secca e candita: nocciole, noci, mandorle o pinoli, uvetta fatta rinvenire per tempo nella
grappa, fichi secchi in parte sostituibili con prugne . Se si hanno, due mele a fette sottili spadellate ed
ammorbidite in precedenza in poco burro. Si mischia per bene e quando intiepidito, si possono aggiungere
uova e, volendo, grappa o vino bianco forte.
Le versioni della Torta pinza-putana oltre all’aggiunta di un paio di panini ammollati nel latte e di ½ bicchiere di vino
bianco, vogliono la sostituzione dello zucchero con 200 gr circa di melata, e l’aggiunta di una manciata di
ciccioli (zìzoli) di maiale per conferire maggior sapore e condimento.
Alla fine, deve risultare un impasto abbastanza sodo, in grado di restare in forma.
Un tempo, per la cottura, si accendeva in mezzo al focolare un gran fuoco che desse molte bragia; o meglio, si
sfruttava il calore residuo delle bragia del fuoco acceso per scaldare l’acqua per il bucato (la bròa per la
lìssia) : perciò, lavare i panni e preparare la Putàna erano il più delle volte due attività settimanali combinate.
Quindi si liberava lo spazio centrale del piano (aròla), di solito in pietra, in cui c’era un rientro quadrangolare
all’incirca di cm 20 x 30, alto 15, e lo si ripuliva velocemente (per non fargli perdere calore) con paletta,
scopino e canovaccio: qui, quando non si cuoceva del pane o qualche altro dolce, si sistemava la Putàna, che
veniva ricoperta da un ampio tèsto (un coperchio profondo, fatto a campana) in coccio o -più di recente- in
lamiera, sopra al quale si risistemavano abbondanti braci. Qualcuno sistemava sul fondo dell’aròla una pentola di coccio ben imburrata, e la coprivano con un’altra pentola di coccio
rovesciata. La cottura procedeva minimo per mezz’ora, ma poteva essere necessaria anche un’ora, a seconda
dell’umidità di partenza dell’impasto, del sistema di cottura prescelto, e dell’intensità del fuoco.
Oggi, la cottura avviene normalmente in un forno elettrico, a 180° per circa un’ora, entro uno stampo a sponde
alte, imburrato e cosparso di pane grattato. La parte superiore della torta può essere cosparsa di fiochi di
burro, per non asciugarsi troppo e fare una bella crosticina dorata.
La Putàna va servita tiepida. Potendosi conservare in frigorifero a 4° C per alcuni giorni, conviene ripassarla
in forno prima di servirla.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Paiolo di rame o meglio una pentola di rame con interni in acciaio. Mestolo in legno. Setaccio per farina.
Schiaccianoci, taglieri e coltelli per la frutta.
Focolare a legna tradizionale, attrezzature per la pulizia dell’aròla (scopino, paletta, strofinacci) e tèsto
(coperchio a campana di coccio invetriato o di lamiera); o una coppia di tegami di coccio
Altrimenti, forno elettrico e teglia in metallo a sponde alte.
Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
La produzione della Torta pinza-putana viene attuata in locali di pasticceria, cucine di ristoranti, ecc. Il dolce si conserva alcuni giorni in frigorifero.
Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Son piatti che appartengono ad una cultura troppo rustica perché in origine se ne scrivessero le ricette. Le
contadine, così come le cuoche delle ville, si trasferivano a voce fra amiche e di madre in figlia scarne ricette
fatte di nomi e non di quantità. E le quantità erano scelte a seconda dei mezzi, delle possibilità e dei gusti di
casa. E’proprio della natura di questa ricetta, insomma, poter vedere cambiate di poco le dosi degli ingredienti
(in particolare di ciò che si aggiunge all’impasto di farine). Talvolta, qualcosa poteva anche mancare. L’idea
di fondo di questo piatto, però, resta e così il modo di farlo.
Il sistema di cottura nel focolare, poi, é rimasto tale per generazioni, come testimonia la struttura stessa dei
focolari, tradizionali, benché i tipici coperchi o tegami da nascondere sotto le bragia siano andati rotti o
perduti: l’incavo dell’ aròla era fatto appositamente per accogliere pani e torte rustiche di questo tipo. Poi
sono venute le cucine economiche e, nel dopoguerra, i forni elettrici. Ma non sarebbe impossibile, nei restauri
architettonici, ristrutturare o comunque prevedere ancora queste vecchie tipologie di caminetti.
La pinza è da sempre un dolce tipico trevigiano e veneziano. In antico veniva consumato soprattutto nelle
festività di inizio anno, specialmente per l’epifania in occasione del panevin (falò per bruciare la “vecchia”), o
quando in quaresima si beveva davanti ai falò propiziatori.
La ricetta tradizionale della Torta pinza-putana (detta anche “dolce dei poveri”) viene riportata da Ranieri Da Mosto nel
libro “Il Veneto in cucina” – Editore Giunti – Martello – anno 1978, Pagg. 344/345.
Dolce povero a forma rettangolare o quadrata, molto condito ed aromatizzato, servito a pezzi, prodotto anche
con farina di granoturco oppure farina di grano tenero 00, zucchero, uova, fichi secchi, uva passa, nocciole,
noci o i più preziosi pinoli, semi di finocchio, sale, burro, lievito, volte grappa per macerare l’uva passa. Nella
ricetta casalinga viene utilizzato anche pane vecchio, lasciato ammorbidire nel latte.