L’uva fragola bianca è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano (P.A.T.) della Regione Veneto
Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati
Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Uva fragola bianca
Territorio interessato alla produzione
Regione Veneto
Descrizione sintetica del prodotto
L’uva fragola bianca è un vitigno ibrido produttore diretto a bacca bianca rustico, poco esigente quindi dal punto di vista della pratica
colturale e degli interventi di difesa. Solo in alcuni casi si poi ricorre alla concimazione (letame bovino) e
all’irrigazione. Grappoli cilindrici, acini bianchi, poi pruinosi, rotondi, medi, succosi, buoni da mangiare dal
sapore aromatico con note di fragola che incontrano quindi il gusto di parecchi consumatori dell’area veneta e a livello
mondiale, infatti, è normalmente coltivata in tutto il mondo.
Non se ne conosce poi con precisione l’origine, ma si ipotizza che l’uva fragola bianca possa essere derivata da una selezione effettuata
negli Stati Uniti orientali con incroci quindi spontanei interspecifici tra Vitis Labrusca L. e Vitis vinifera L. (Noah).
L’introduzione ed il successo della sua coltivazione sono inoltre stati favoriti dalla sua resistenza al freddo, alla
fillossera e alle patologie fungine (peronospora e oidio).
Sul territorio Veneto sono inoltre presenti oltre 200 varietà di uva identificate in base al periodo di maturazione come
precoce e tardiva. Le varietà si differenziano poi oltre che per l’epoca di maturazione, per le caratteristiche
ampelografiche.
Sono presenti quindi come coltivazione nelle diverse aree sia la varietà precoce (che matura ad agosto) che la varietà
tardiva (che matura a settembre) con prevalenza di presenza della varietà tardiva.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
Le forme di coltivazione sono così molto diversificate: le più antiche (“ad Alteno”) e pergola (piantada Padovana)
in consociazione con il gelso e l’acero campestre sono ormai poco utilizzate, una curiosità storica in via di
scomparsa. Le potature molto lunghe consentivano in questi impianti buone produzioni, anche nell’ordine di
10 t/ha. In epoca successiva è progressivamente aumentata la diffusione della coltivazione a tendone
attualmente più diffusa e utilizzata.
I sesti di impianto sono variabili in genere oscillano fa 1,2 x 2,5/3 m. In media si stima una densità di 2/3.000
ceppi/ha. La coltura richiede inoltre interventi di natura fitosanitaria pressoché nulli.
La raccolta dell’uva fragola è manuale senza quindi utilizzo di forbici, il grappolo si stacca facilmente dal tralcio e viene deposto in
contenitori ad uso alimentare che sono direttamente trasportati nel luogo di lavorazione.
Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione ed il condizionamento del
prodotto
Gli imballaggi utilizzati per il confezionamento dell’uva fragola bianca rispondono alla normativa sanitaria
vigente. Forma, dimensione e materiali usati per le confezioni possono variare in funzione alle esigenze della
distribuzione.
7. Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Normali locali/magazzini aziendali con banconi di lavorazione, eventuale cella frigorifera usata per la frutta.
8. Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e
secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni
Alla fine del XIX secolo l’unica vite di uva fragola bianca coltivata in Europa (la Vitis vinifera) fu aggredita dalla fillossera che ne
minacciò la completa distruzione. La soluzione fu trovata utilizzando come portinnesti i vitigni americani
resistenti al parassita, alcuni puri, altri ibridi di specie americane e successivamente da incroci di ibridi di
specie americane con specie europee. Questa vasta operazione di sostituzione dei vigneti portò anche alla
diffusone dell’uva fragola bianca e dei suoi prodotti derivati in tutto il territorio Veneto. La forma di vigneto
a quell’epoca storicamente più diffusa era “La Piantada Veneta-Padovana” che consisteva in un sistema
promiscuo dove l’uva non era l’unica pianta presente nel filare che veniva sostenuto da gelsi, acero campestre,
peschi selvatici o salici. Possiamo trovare un esempio di piantagione di uva fragola dell’epoca Napoleonica 1811 ancora
esistente e sotto tutela della Soprintendenza Culturale a Bader, Godega di Sant’Urbano.
Nel 1856 il podere Caccianiga di Treviso aveva in coltivazione delle varietà di viti Americane fra le quali Uva
Fragola e Scuppernong.
Nel 1880 La filossera danneggia le coltivazioni in Francia inducendo i coltivatori Francesi a sperimentare
incroci con altri vitigni innestati su piede di ibridi produttori diretti (Riparia Gloire de Montpellier, Rupestris
du Lot o Monticola ecc.
Nel 1900 la filossera arriva anche nella provincia di Treviso dando vita ad un Consorzio Antifilossera che
possa fornire informazione e assistenza ai coltivatori per risolvere il problema avviando le sperimentazioni di
innesto degli ibridi resistenti creati dai vivaisti Francesi, Couderc, Seibel.
Nel 1937 Giovanni Dalmasso con lo sperimentatore Giuseppe Dell’Olio e con la collaborazione di Italo Cosmo
pubblica il volume XXV degli Annali della Sperimentazione Agraria di Roma i dati relativi alla produzione
enologica della provincia di Treviso che il Dalmasso divide in cinque zone viticolo-enologiche da cui si
evidenzia che i due terzi della provincia di Treviso erano coltivati a vitigni Rossi europei, ed Ibridi produttori
diretti.
Oltre che per il consumo diretto, l’uva fragola è utilizzata per la produzione di prodotti derivati quali confetture,
succhi d’uva, mosto cotto, sugoli, ecc. La storicità di questi prodotti derivati non è facilmente tracciabile in
documenti scritti ma si è tramandata verbalmente, nella tradizione popolare, che ne continua a tutt’oggi la
produzione e il consumo. La preparazione delle allora dette “marmeate” permetteva di conservare per lungo
tempo la frutta e usarla nei dolci, spalmata su fette di polenta abbrustolita come merenda, e nei particolari
ricordi di persone anziane, di consumarla mescolata ad un po’ di latte caldo ottenendo una “crema” da mangiare
il mattino a colazione con il pane vecchio o fette di polenta abbrustoliti.
Con l’intento di recuperare la memoria storica di produzioni agricole caratteristiche dell’area del quartier del
Piave che in passato tanto hanno dato a questi territori è stata costituita a Fontigo di Sernaglia della Battaglia
il 25 gennaio 2017 L’associazione “Clinto de Marca” dalla volontà di 16 volontari, residenti a Sernaglia,
appassionati di viticultura con lo scopo di:
– Salvaguardare la coltivazione di particolari varietà di vitigni che, in quest’area, incontrano condizioni
climatiche e caratteristiche del suolo particolarmente favorevoli a produzioni di elevata qualità.
– Sviluppare coltivazioni con l’attenzione rivolta anche alla salvaguardia dell’ecosistema, considerato che, tali,
vitigni, non producono nessuna forma di inquinamento, in quanto non necessitano di trattamenti con prodotti
fitosanitari.
– Fare in modo che queste zone, ed in particolare Sernaglia e buona parte dell’area a nord del Montello, non
siano conosciute solo per la “battaglia” ma anche per la peculiarità di prodotti naturali, ecologici e di elevata
qualità.
È un vitigno ibrido produttore diretto a bacca bianca rustico, poco esigente dal punto di vista della pratica
colturale e degli interventi di difesa. Solo in alcuni casi si ricorre alla concimazione (letame bovino) e
all’irrigazione. Grappoli cilindrici, acini bianchi, pruinosi, rotondi, medi, succosi, buoni da mangiare dal
sapore aromatico con note di fragola che incontrano il gusto di parecchi consumatori dell’area veneta e a livello
mondiale, infatti, è normalmente coltivata in tutto il mondo.