Zucca santa bellunese

La Zucca santa bellunese è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano P.A.T. della regione Veneto

Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Zucca santa bellunese

Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
Nella Val Belluna, tra le colture orticole di maggiore diffusione e pregio, la zucca assume un carattere di
forte tradizione.
L’area tradizionale di coltivazione è l’intera Val Belluna, in particolare i comuni lungo l’asta del fiume
Piave dove la fertilità dei terreni e l’abbondanza d’acqua sono garantite durante tutto l’anno.
A comprova della forte tradizione e interesse per la zucca in taluni comuni bellunesi e, nello specifico,
nella frazione di Caorera del Comune di Vas, sono organizzate delle feste paesane per onorare la famosa
cucurbitacea.

Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
Nel bellunese, la zucca santa è la più classica e conosciuta tra le zucche. Ancora oggi nonostante le nuove
cultivar, precocissime e di ottime caratteristiche merceologiche come la “Delica”, la zucca santa è la
preferita grazie alle impareggiabili caratteristiche organolettiche.
La zucca santa bellunese, appartiene alla Famiglia delle Cucurbitaceae, al Genere Cucurbita ed alla specie
Cucurbita maxima Duchesne. E’ la classica zucca definita “da inverno”, annuale e raccolta in autunno a
maturazione completa. Il frutto è un peponide, caratterizzato da una forma voluminosa e appiattita
all’apice, del peso di circa 3 kg. La buccia dura, è di colore solitamente verde ma talvolta sono presenti
sfumature rosee e ampie zone gialle, costoluta e bitorzoluta, solcata da striature longitudinali stilopeduncolari.
La polpa è di colore giallo-arancio intenso, all’interno della quale vi sono numerosi semi
bianchi, è di sapore fine e dolce. Nel fusto strisciante e ricco in nodi, sono inserite foglie, frutti e cirri e
raggiunge lunghezze mediamente di 4-5 metri. Le foglie tondeggianti a massa fogliare ampia e aperta,
presentano lunghi piccioli ed i fiori di colore giallo sono commestibili. E’ una pianta vigorosa purché
siano rispettate le sue grandi esigenze in fertilità.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La zucca santa veniva coltivato non tanto nell’orto, ma piuttosto ai bordi dei campi. Solo dal dopoguerra
iniziarono, in Val Belluna, coltivazioni specializzate a zucca, seminate a file. Le tradizionali tecniche di
coltivazione propongono abbondanti fertilizzazioni organiche a base di letame ed in genere la semina
diretta in pieno campo nel mese di maggio. Negli orti familiari si riscontra abitualmente la costruzione di
sostegni ove la pianta, con i cirri, si arrampica e ove vengono sorretti i frutti. A esclusione delle
coltivazioni specializzate di zucca santa, non sono molto frequenti le tecniche di cimatura e diradamento
dei frutti.
La raccolta si esegue tra settembre ed ottobre, quando i frutti sono completamente maturi, le foglie sono
secche ed è evidente il pieno disseccamento del peduncolo del frutto. Le zucche sante vengono poi pulite e
poste ad asciugare in luoghi freschi ed areati. La conservazione della zucca santa, in condizioni normali
senza forzature, può prolungarsi indicativamente fino alla metà di gennaio. Il seme nonostante sia generalmente                                                                                                                                                      prodotto dagli stessi agricoltori della zona, comportando variabilità genetica ed evidenziando diversità morfologiche                                                                                                                                                  del frutto, mantiene le linee genetiche riconducibili tutte alla stessa tipologia della zucca santa.

Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento
del prodotto
Il prodotto non subisce alcun tipo di condizionamento particolare, se non l’accurata pulizia da terra e
residui di vegetazione.

Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
Importanza rilevante riveste la temperatura di conservazione della zucca, infatti questa non dovrà scendere
al di sotto dei 5°C, oltre la quale la polpa subisce gravi e compromettenti cambiamenti.
Null’altro e previsto per la conservazione e stagionatura.

Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea
e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
L’indagine storica è stata redatta dal Prof. Daniele Gazzi, storico ed esperto di tradizioni rurali bellunesi.
La coltivazione delle zucche nella Val Belluna ha caratterizzato, almeno negli ultimi due secoli, l’economia
domestica delle famiglie contadine e, non avendo avuto un ruolo nella più vasta economia di mercato, sono
relativamente pochi i cenni nella documentazione storica. Stimolo alla coltura della zucca era l’allevamento
del maiale, per il quale le cucurbitacee costituivano un alimento eccellente. Infatti la sua coltivazione si
diffuse nel corso del XIX secolo proprio a seguito di un incremento dell’allevamento del maiale, reso
possibile dall’introduzione e diffusione della patata all’inizio del secolo1.

Nell’alimentazione la zucca aveva dunque un ruolo abbastanza secondario. Causa della sua scarsa
diffusione era la mancanza di terra adatta, in quanto la coltura della zucca richiede un terreno grasso ben
concimato ed il concime non era sufficiente nemmeno per i campi. Era comunque abitudine coltivarla in
consociazione con il granoturco, seminata all’interno del campo oppure, un po’ più razionalmente, veniva
coltivata ai bordi del campo. Quando in terra brasiliana, dove emigrarono dal 1876 consistenti nuclei di
contadini bellunesi e feltrini, i colonos trovarono terra a sufficienza, accanto alla coltura del granoturco
avviarono subito la coltura delle zucche che permise loro, con l’allevamento di numerosi maiali, di avere
una costante disponibilità di carne2.

Se l’alimentazione animale era il destino prevalente, la zucca trovò impiego anche nell’alimentazione
umana ed in forma minore per ricavarvi qualche oggetto, ciotole e soprattutto borracce.
Confrontando la tradizione orale e gli Autori3 a cui facciamo riferimento, si possono individuare tre gruppi
nelle zucche feltrino-bellunesi: le zucche nostrane, dette anche porzelère, a scorza dura, in prevalenza di
colore giallo e poco saporite, le zucche sante, a scorza tenera, con polpa grossa, asciutta, e molto gustosa e
le groppelle. Nel primo gruppo Bazolle precisa che, dagli anni ottanta del 1800, fu introdotta una nuova
varietà, la razza americana, con polpa più grossa e gustosa, meno acquosa e con scorza sottile. Nel secondo
gruppo la varietà più pregiata è la zucca barucca, definita da Guselotto “la regina delle consorelle”. Vi è
infine il terzo gruppo, assai variegato, nel quale rientrano “zucche coltivate per ornamento, per
alimentazione animale o per farne greggi utensili”, denominate le groppelle, quelle dal collo, le imbute, le
violine ecc”.

Per quanto riguarda l’impiego nell’alimentazione, Bazolle precisa che nel mondo contadino era diffusa
l’abitudine di consumare zucche nostrane nonostante fossero destinate all’alimentazione dei maiali:
venivano mangiate in insalata o in tegame o quale ingrediente nelle minestre. Certi fiori si prestavano
benissimo a farne frittelle. In maniera inequivocabile il Bazolle scrive:“le zucche sante, semprechè sieno
ben maturate, sono molto migliori delle nostrane. Hanno una polpa grossa, asciutta, e molto gustosa e
perciò sono queste le zucche preferite dalle famiglie civili”. Più preciso Guselotto, vent’anni dopo: “le
commestibili si mangiano cotte al forno o lesse. Sono pure usate in frittura, in minestra ed anche nella
pasticcieria casalinga”. Quest’ultima è un’indicazione interessante, che descrive due utilizzi in cucina della
zucca: risorsa delle tavole più modeste dei contadini, consumata per lo più lessa o in minestra, ma anche
presenza raffinata della tavola nelle famiglie benestanti e cittadine, perché impiegata nella preparazione di
delicati gnocchi. La zucca, nel contesto feltrino-bellunese, era dunque fortemente legata al mondo dei suini                                                                                                                                                                  ed a quello misero dei contadini.

 

1 “da che si è introdotta la coltivazione del pomo di terra fu accresciuto il picciolo numero di porche da razza, ed il
numero degli alievi”, il distretto del Cadore nell’inchiesta di Filippo Re (1812), in Riccardo Volpe, Terra e
Agricoltori nella Provincia di Belluno, p. 339.
2 A. Zannini – D. Gazzi, Contadini, emigranti, “colonos”. Tra le prealpi venete e il Brasile meridionale: storia e
demografia, 1780-1910, Treviso 2003.
3 Antonio Maresio Bazolle, Il possidente bellunese, 1868-90, a cura di Daniela Perco, Feltre 1986, II, pp. 83-86;
Antonio Guselotto, Zucche esotiche, in “L’Agricoltura Bellunese”, XI, ottobre-novembre 1912, n. 10-11, pp. 11-12:
A. Guselotto ne è il direttore unitamente ad A. Bruschini. In quegli anni il periodico è la voce delle Cattedre
Ambulanti di agricoltura di Belluno e Feltre.

Nella Val Belluna, tra le colture orticole di maggiore diffusione e pregio, la zucca assume un carattere di
forte tradizione.